Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Commento a cura di Fabrizio Demelas
Con il brano di Vangelo della scorsa domenica, avevamo lasciato Gesù impegnato a dare ai suoi apostoli le istruzioni per la missione in cui stava per inviarli.
Anche il brano del vangelo di Matteo che leggiamo oggi mostra ancora Gesù nella stessa circostanza: il suo discorso ai Dodici missionari continua.
Dopo aver sottolineato la necessità di riconoscerlo, di riconoscere in lui il modello stesso di persona umana conforme al disegno di Dio, al progetto del Padre, Gesù aggiunge altre considerazioni. Prima, però, Gesù fa un’altra precisazione che non leggiamo: avverte che il fatto di riconoscere lui può essere causa di divisioni («Sono venuto a portare non pace, ma spada»), divisioni anche tra i credenti, nelle famiglie e nelle stesse comunità.
Poi, nelle parole di oggi, spiega qual è la ragione della divisione che il suo riconoscimento comporta.
Le espressioni che l’evangelista gli fa dire sono ancora una volta piuttosto forti: «Chi ama padre o madre più di me…».
Il verbo greco che Matteo usa per dire questo sentimento è il verbo dell’amicizia, del legame affettivo; in realtà, però, la scelta che Gesù chiede non è tra lui e la famiglia, ma tra il riconoscimento di lui e il riconoscimento di altri criteri di giudizio prima di lui.
Riconoscere Gesù significa riconoscere una novità, un punto di vista nuovo sull’umanità: il vecchio schema di valori e di metri di giudizio, rappresentati dalle figure degli affetti familiari, non possono occupare più il primo posto.
Questa apertura alla novità è necessaria perché riconoscere Gesù significa seguirlo, mettersi dietro di lui, come dice il testo originale, essere pronto a imparare da lui un nuovo modo di vivere la vita.
Per questo bisogna seguirlo portandosi dietro «la propria croce», cioè tutta la realtà della propria esistenza, pronti a rimetterla in gioco, a rileggerla e a cambiarla nel confronto con la vita del Figlio dell’Uomo, cioè del modello autentico di umanità.
Chi avrà trovato la sua vita, si legge meglio nel testo greco, chi l’avrà costruita solo con le proprie mani, la perderà, la vedrà diventare inconsistente e priva di significato.
Ma chi «avrà perduto la propria vita», chi avrà lasciato la propria idea di vita per aver incontrato e riconosciuto Gesù, allora la ritroverà ricca e piena del più autentico significato della vita umana.
Come avverrà tutto questo nella missione che attende gli apostoli?
I Dodici dovranno essere portatori della stessa immagine umana che Gesù ha insegnato loro: in questo modo, chi accoglierà loro accoglierà Gesù, riconoscerà l’umanità di Gesù attraverso di loro, accogliendoli.
Queste ultime frasi, che sembrano ancora dei consigli per i missionari, sono, invece, una raccomandazione alla loro responsabilità: gli apostoli dovranno “incarnare” la figura stessa di Gesù, in modo che chi li accoglierà possa accogliere Gesù con loro e, con Gesù, il Padre che ha mandato nel mondo il proprio Figlio, Figlio dell’Uomo.
Questa accoglienza, infatti, ha una caratteristica particolare: produce subito conseguenze positive, ha un riscontro immediato.
Chi accoglierà i Dodici, e, per mezzo di loro, Gesù e il Padre, potrà «avere la ricompensa», per quello che ha fatto, e averla subito.
Sarà la «ricompensa del profeta», la «ricompensa del giusto»: il giusto e il profeta, nella Bibbia, sono le figure di coloro che hanno con Dio una relazione tutta particolare, una relazione diretta e personale, di confidente amicizia.
La ricompensa è, dunque, una vita inserita nella relazione con Gesù e il Padre, una vita che, grazie a questa nuova realtà, può essere davvero umana.
E può essere vissuta in pienezza, da subito.
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