Stiamo uscendo da un lungo periodo elettorale.
Tutto questo fa parte della democrazia, ma anche le percentuali di astensionismo, variamente registrate nelle diverse tornate elettorali, hanno a che fare con la nostra democrazia, che si regge sulla partecipazione attiva e consapevole dei cittadini e non può reggersi invece sull’indifferenza e sul qualunquismo.
Le cifre sono davvero impressionanti – come si può leggere nel grafico sottostante – e tendono ad aumentare.
Le cause sono molteplici ma i risultati negativi rischiano di essere inesorabili. Si tratta di un dato che ci interpella tutti, comunità cristiana compresa, per motivi che riguardano la nostra cittadinanza attiva nella società in cui siamo chiamati a vivere – pensiamo alla prima Lettera di Pietro e all’insegnamento cristallino ed attuale della Lettera a Diogneto – e per motivi che toccano il nostro modo di intendere la Carità, quella con la «C» maiuscola, che non può esaurirsi nell’indispensabile carità quotidiana e generosa delle mille iniziative di assistenza ma deve farsi carico della condizione dei poveri e dei meccanismi che generano le ingiustizie di cui i poveri sono vittime.
Se questo è il problema allora la comunità cristiana è chiamata a reagire e a rispondere, anzitutto sul piano che le è maggiormente proprio, quello dell’educazione alla fede, interrogandosi su quanto realmente trasmettiamo a giovani e adulti circa la Carità, culmine della vita cristiana verso cui devono condurre tutte le tappe dell’iniziazione cristiana e della catechesi.
In secondo luogo abbiamo bisogno di una nuova presa di coscienza circa la responsabilità di tutta la Chiesa nei confronti della società intera e dei poveri in particolare, impegnandoci concretamente affinché il patrimonio della dottrina sociale della Chiesa divenga parte integrante della catechesi e della vita pastorale, (cfr «Deus Caritas Est» ai nn. 27-29).
Un terzo impegno concreto è quello di incoraggiare e aiutare i fedeli laici a considerare come primario il loro impegno nella vita sociale, amministrativa e politica.
È questo oggi un obiettivo possibile?
Dobbiamo sognare modelli del passato oppure cercare nuove strade che tengano conto del momento storico attuale?
Viviamo in tempo di grande pluralismo e il laicato cattolico non fa certo eccezione.
Ma se a loro appartiene il compito specifico dell’impegno diretto in politica, la Chiesa in quanto tale cosa può fare?
Un primo modo di rispettare l’impegno dei laici è, per i pastori e per le istituzioni ecclesiali, quello di stare un po’ al di sopra, non dei problemi, che toccano tutti (ad es. ambiente, demografia e famiglia, lavoro, abbandono scolastico, ecc.) ma al di sopra degli schieramenti partitici. Sui problemi invece pastori ed educatori hanno un compito importante, segnalando e richiamando, per i poveri in particolare, ogni volta che questi vengono dimenticati.
Inoltre, con un laicato cattolico vario e diversificato nelle sue scelte politiche, compito dei pastori e delle istituzioni ecclesiali sarà sempre quello di richiamare al rispetto reciproco, al dialogo e all’ascolto, al confronto con la Parola del Signore e con l’insegnamento della Chiesa, specialmente per quanto riguarda la centralità della persona umana, di ogni persona umana.
Questo impegno educativo passa attraverso le parole ma più ancora attraverso quelle che abbiamo imparato a chiamare buone pratiche: penso al Progetto «Policoro», alle start-up, a varie esperienze di cooperativismo, ma anche ad esempio alla fatica di tante scuole paritarie, dall’infanzia alle classi superiori, dove al valore di una educazione che cerca di considerare tutte le dimensioni della persona umana si aggiunge un impegno di correttezza e di sobrietà, che solo permette a molte di continuare a vivere, navigando tra dimenticanze e ritardi della politica.
Concludendosi questo lungo semestre elettorale auguriamoci di guardare avanti sempre con fiducia e di mettercela tutta per recuperare un po’ del tempo perduto.
Arrigo Miglio – Vescovo
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