Se tutto va per il verso giusto, forse, dopo il 3 maggio si potrà pensare di riprendere a fare qualcosa di ciò che ha caratterizzato la nostra vita fino allo scorso mese di febbraio.
Il condizionale è d’obbligo perché la situazione è in continua evoluzione e i cambi in corsa sono all’ordine del giorno.
Le festività pasquali appena trascorse sono state vissute, dalla maggior parte degli italiani, tra le mura domestiche: niente pranzi con amici e parenti, nessuna gita fuori porta, ma soprattutto nessuna manifestazione pubblica di fede, una mancanza che anche per lo stesso presidente del Consiglio Conte è stata «pesante», come dichiarato nell’intervista rilasciata al «L’Osservatore Romano», organo della Santa Sede.
Tanti di noi hanno seguito attraverso tv, computer e smartphone le celebrazione del Papa, del proprio Vescovo o del parroco. Una nuova modalità, anche se la trasmissione delle principali celebrazioni pasquali è sempre stata assicurata dai media nazionali, regionali, o, nel caso della nostra Diocesi, da Radio Kalaritana.
Il tempo di Pasqua e di emergenza sanitaria ha evidenziato un ritorno all’essenzialità.
La chiusura festiva dei centri commerciali e delle attività di vendita ha di fatto riportato ad una condizione che era prassi fino ad una ventina di anni fa: la spesa entro il sabato, la domenica in famiglia e non in giro a far compere.
Una condizione che in tanti hanno vissuto senza grandi traumi, anzi benedetta dagli addetti alle vendite che, finalmente, hanno potuto trascorrere i giorni festivi in casa, accanto ai familiari e non andando incontro a clienti talvolta eccessivamente numerosi proprio nei giorni di festa.
Un altro aspetto emerso dalla quarantena delle ultime settimane è stata lo sviluppo di nuove relazioni instaurate nei nuclei familiari: tutti siamo rimasti in casa, magari a giocare o ad impastare farina o altro, per preparare pietanze, forse non sempre necessarie, ma comunque capaci di aggregare i componenti delle famiglie.
Non più domeniche con pasti consumati in ore e modalità diverse per genitori e figli ma pranzi e cene uniche per tutti, con la possibilità di dialogo mai sperimentata come in queste settimane.
A tutto questo si sono aggiunte le occasioni, per molti, di poter pregare insieme.
I rosari recitati il mercoledì sera alle 21 hanno riscosso grande seguito, così come ci sono milioni di italiani che ogni mattina alle 7 seguono la Messa di Francesco da Casa Santa Marta.
Un segnale importante, la riscoperta della fede in casa, tra le mura domestiche, in un tempo dove l’emergenza sanitaria ne impedisce una dimensione pubblica.
Tante le foto o i video pubblicati sui social di nuclei familiari intenti a pregare e a seguire la Messa.
Se c’è dunque un aspetto positivo in questa tragedia della pandemia da Covid 19 è un ritorno all’essenzialità, all’aver lasciato da parte ciò che è superfluo e non strettamente necessario, per portare avanti la propria vita in maniera dignitosa.
Certo non è forse così per le centinaia di migliaia di lavoratori a casa senza sostegno al reddito: per loro sono in corso i provvedimenti dell’autorità competenti, ma anche degli enti caritativi come le Caritas, che hanno moltiplicato gli interventi a favore dei più bisognosi.
La stessa Chiesa italiana ha messo in campo risorse per oltre 200milioni di euro.
Una risposta concreta che, come sempre, la Chiesa offre nei tempi più difficili.
Roberto Comparetti
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