XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.
Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Commento a cura di Carlo Rotondo
Non potevamo concludere in modo più bello il mese missionario se non rimeditando ancora una volta la splendida pagina dove Luca ci racconta l’incontro tra Gesù e il piccolo Zaccheo.
Una sintesi perfetta di tutto quello che ci siamo detti nelle quattro settimane precedenti.
Un incontro fatto di sguardi: Zaccheo che cerca di vedere quell’uomo incredibile, di cui sentiva parlare e Gesù che alzando il suo sguardo vede quell’omino, per certi versi, «invisibile» perché piccolo di statura: statura fisica e, purtroppo per lui, anche morale.
Ed è interessante sottolineare la nota di Luca che dice che la folla impediva a Zaccheo di vedere Gesù.
Una folla «cieca», incapace, forse anche volutamente, di vedere quell’uomo basso di statura.
Qui già sorge una provocazione: a che serve vedere Gesù se poi non sei capace di vedere il bisognoso che ti sta accanto?
Non sono credibili quei veggenti che vedono Dio, madonne e santi e poi non vedono poveri e bisognosi.
A quel punto Gesù ripete il primo gesto missionario: alza lo sguardo. Smette di guardare una folla egoista e cieca e si concentra sull’«invisibile»: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua!».
La missione vera e autentica ti vede, ti chiama per nome e si ferma da te e con te. Non sei più «invisibile», anonimo, NN, un numero di cella tatuato sul braccio.
È meraviglioso lo sguardo missionario di Gesù che vede la parte buona di Zaccheo e tutta la sua potenzialità positiva mentre per la gente eri e resti il peccatore di sempre.
Luca mette a confronto i due modi di guardare: Gesù vede in Zaccheo cieli nuovi e terre nuove.
La gente, la folla, invece, è capace di vedere solo il marcio di Zaccheo.
Ricordo una splendida battuta di Madre Teresa di Calcutta: «Ci sono due modi di guardare la notte: lamentarsi perché c’è buio o gioire perché ci sono le stelle. Io preferisco gioire».
Come potete ben notare, cari lettori e lettrici, non c’è bisogno di usare troppi soldi per cambiare la vita di Zaccheo: perché una missionarietà fatta di soldi senza cuore, senza sguardi, senza il tempo di fermarsi aiuta, certo, ma non trasforma la vita di nessuno.
Il fatto, invece, incredibile è che chi usa soldi è proprio Zaccheo che distribuisce la metà dei suoi beni ai poveri e restituisce il quadruplo di quanto ha ottenuto rubando.
Ciò ci permette di dire che i soldi che si mandano in missione sono importanti ma non decisivi.
Senza sguardi d’amore, senza chiamate per nome e senza la pazienza di fermarsi sono solidarietà sterile.
Ti sfamano, ti vestono e ti guariscono… per un giorno, un mese, un anno ma non ti cambiano la vita, non ti trasformano.
I soldi non ti fanno scendere dall’albero della tua miseria, del tuo peccato e della tua povertà e correre, pieno di gioia e di felicità, a casa sapendo che sarai visitato non da un uomo pieno di denaro, chi se ne frega, ma da un Dio pieno d’amore.
Senza amore non c’è missione: dobbiamo sostituire i tic tac degli orologi coi tic tac dei cuori.
Senza amore non c’è futuro.
Vi benedico tutti dall’Africa.
Vostro doncarlomissionariorossoblu
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