XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Commento a cura di Walter Onano
Matteo, nel Vangelo di questa XIV Domenica del Tempo Ordinario, ci riporta una preghiera di Gesù piuttosto rara. Si tratta di una lode esultante di gioia, in presa diretta con il Padre.
I Padri della Chiesa antica l’hanno chiamata giubilo: un grido di esultanza sgorgato dal cuore di Gesù.
Il Maestro di Nazareth sapeva, per diretta conoscenza di causa, che quelli che avrebbero dovuto riconoscere il Messia con più facilità – gli scribi e i dottori della Legge (i dotti e i sapienti del suo tempo) – non erano riusciti nell’impresa.
Al contrario, egli fa notare: sono in realtà i piccoli, i poveri, i semplici (come i suoi discepoli) a capire chi è Gesù e a seguirlo.
Molti sapienti ed eruditi nella storia hanno tentato di incontrare Dio o di conoscere Gesù, ma invano, perché non l’hanno cercato sulla strada che porta a Lui: la strada dell’umiltà e della piccolezza.
Come fecero tanti santi, che hanno veramente realizzato il Vangelo.
Hanno ricevuto la rivelazione di Gesù con il cuore semplice di un bambino, prendendo alla lettera tutte le sue parole.
Ascoltando il passo evangelico nel quale Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il regno, le hanno sentite rivolte a sé stessi, diventandone la regola della loro vita.
Essere piccolo!
Non è possibile che uno riceva le cose belle di Dio: la bellezza della vita, Dio stesso che non si vede, se poi ci si crede sapienti.
Per i dotti e i sapienti di questo mondo queste cose non sono a portata di mano.
Chi è dunque in grado di prendersi la salvezza?
Chi è piccolo, fragile, chi è consapevole che ha bisogno di imparare sempre. Impara chi ha scoperto i propri limiti e finalmente si consegna nelle mani di Dio.
E quello è il momento in cui sperimenta la potenza di Dio.
Ecco in tutti noi abita il dotto e il piccolo. Il dotto è quello che vuol fare sempre da sé, con manie di grandezza e di autosufficienza, ma che ha un grosso nemico che impedisce la sua crescita spirituale e cioè la superbia.
Poi vi è il piccolo, colui che è consapevole che senza il Signore non può fare nulla.
Chissà noi da che parte stiamo!
Gesù ci dice di imparare da Lui che è umile di cuore. Imparare da un maestro che si mette all’ultimo posto, che si abbassa, che lava i piedi ai discepoli come uno schiavo.
Beh, se giudichiamo secondo il mondo, pensiamo che da uno così non abbiamo molto da imparare. Eppure, l’umiltà di Gesù ci dice tante cose.
Perché la vera «umiltà non consiste principalmente nell’essere piccoli, perché uno può essere piccolo e arrogante allo stesso tempo; non consiste principalmente nel sentirsi piccoli e senza valore, perché questo può anche nascere da un complesso di inferiorità; non consiste neanche nel dichiararsi piccoli, perché molti dichiarano di non valere niente, pensando l’esatto opposto.
L’umiltà è nel farsi piccoli, e non per qualche necessità o utilità personale, ma per amore, per “innalzare” gli altri. Così è stata l’umiltà di Gesù; egli si è fatto tanto piccolo da “annullarsi” addirittura per noi. Nella posizione in cui si trova, Dio non può “elevarsi”; nulla esiste sopra di Lui. Dio scende e si fa piccolo per donarsi a noi uomini in maniera totale e disarmante!» (R. Cantalamessa).
Gesù dice pure di imparare da Lui la mitezza del cuore.
Mite e umile di cuore.
Sì, ciò si decide dal cuore, perché è da lì che provengono omicidi, cattiverie, calunnie (cfr Mc 7, 21-22).
Come da un vulcano fuoriescono lava, cenere e lapilli infuocati, così dal nostro cuore fuoriescono cose bellissime ma anche bruttissime.
E parliamo non solo di violenza fisica, ma anche verbale, ingiuriando e sparlando; parliamo di violenza di cuore, desiderando ciò che è male, parliamo di violenza mentale mormorando interiormente contro tutti e tutto.
Cosa fare poveri noi che siamo consapevoli di tutto ciò?
Siano rese grazie a Dio che ci ha dato non solo l’esempio, in Cristo, ma anche la grazia di somigliare a Lui. Infatti, noi non siamo chiamati solo all’imitazione, ma anche all’appropriazione.
Nel credere attingiamo dunque con fede dalla mitezza di Cristo.
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