Riflessioni attorno al Sinodo e alla sinodalità.
«Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione» è il tema del prossimo Sinodo dei Vescovi.
Non si celebrerà solamente in Vaticano, come previsto in precedenza, ma in ciascuna Chiesa particolare dei cinque continenti.
Sarà un cammino sinodale che avrà una fase diocesana (ottobre 2021-aprile 2022), una fase continentale (settembre 2022-marzo 2023) e quella della Chiesa universale (ottobre 2023).
Il contenuto centrale riguarda la «sinodalità» della Chiesa, che si esplica nella comunione, partecipazione e missione.
Il termine «Sinodo» significa «cammino comune».
Perciò i cristiani non possono camminare da soli. Il Sinodo è un’istituzione che ha accompagnato la Chiesa in tutta la sua storia.
Per confrontarsi sulle questioni più importanti la Chiesa si riuniva in Sinodo san Giovanni Crisostomo affermava che «la Chiesa ha come nome Sinodo».
Significa che la «sinodalità» è una dimensione costitutiva della Chiesa. Nella «Nota del Sinodo dei Vescovi», del 21 maggio scorso, è detto che non si tratta solo di un evento ma di «un processo che coinvolge in sinergia il Popolo di Dio, il Collegio episcopale e il Vescovo di Roma, ciascuno secondo la propria funzione», in vista della missione da compiere nel mondo.
Nella Costituzione Apostolica del 2018, «Episcopalis Communio», dedicata al Sinodo dei Vescovi, il Papa afferma che come ogni altra istituzione ecclesiastica, il Sinodo è chiamato a diventare sempre più «un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione».
Anche nell’Esortazione Apostolica «Evangelii Gaudium» egli dice che la meta a cui tendono questi processi partecipativi non è principalmente l’organizzazione ecclesiale, ma piuttosto «il sogno missionario di arrivare a tutti».
La comunità cristiana deve essere aiutata a scoprirsi sempre più missionaria nel proprio territorio, nelle strade, nei posti di lavoro, nelle case e nei centri di aggregazione.
Sempre nella «Episcopalis Communio» è indicato il metodo da seguire nel processo sinodale.
Esso è costituito da tre elementi principali.
Il primo è l’ascolto.
Si tratta di ascoltare il popolo di Dio, seguendo l’esortazione presente nel libro dell’Apocalisse: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese».
L’articolazione del cammino sinodale in differenti fasi renderà possibile dare voce all’intero Popolo di Dio, per mezzo dei Vescovi, costituiti da Dio come custodi, interpreti e testimoni della fede della Chiesa.
Il secondo è il discernimento.
Come dice la «Nota del Sinodo dei Vescovi», ai pastori, riuniti in assemblea, sarà chiesto di ascoltare ciò che lo Spirito suscita nelle Chiese loro affidate.
Nella docilità allo Spirito di Cristo, dovranno discernere, ossia essere attenti al «sensus fidei» del Popolo di Dio, ma anche a saperlo «distinguere dai flussi spesso mutevoli dell’opinione pubblica».
Il terzo punto è la ricezione.
Dopo la celebrazione, in tutte le Chiese particolari si inizierà a recepire e attuare le conclusioni sinodali.
Nelle varie fasi del cammino sinodale avranno grande importanza le celebrazioni.
Come sottolineato da monsignor Baturi, nell’assemblea del clero diocesano del 30 giugno scorso, la preghiera è parte centrale.
Si prega per invocare l’aiuto dello Spirito.
Perché è nella comune obbedienza allo Spirito di Cristo che può prendere forma una Chiesa sinodale.
Monsignor Giovanni Ligas
Ordinario di Teologia Dogmatica – Facoltà teologica della Sardegna
© Copyright Il Portico