Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi

Solennità del Natale del Signore (Anno A)

In principio era il Verbo,/ e il Verbo era presso Dio/ e il Verbo era Dio./

Egli era, in principio, presso Dio:/ tutto è stato fatto per mezzo di lui/ e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste./

In lui era la vita/ e la vita era la luce degli uomini;/ la luce splende nelle tenebre/ e le tenebre non l’hanno vinta./

Venne un uomo mandato da Dio:/ il suo nome era Giovanni./

Egli venne come testimone/ per dare testimonianza alla luce,/ perché tutti credessero per mezzo di lui./

Non era lui la luce,/ ma doveva dare testimonianza alla luce./ Veniva nel mondo la luce vera,/ quella che illumina ogni uomo./

Era nel mondo/ e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;/ eppure il mondo non lo ha riconosciuto./

Venne fra i suoi,/ e i suoi non lo hanno accolto./

A quanti però lo hanno accolto/ ha dato potere di diventare figli di Dio:/ a quelli che credono nel suo nome,/ i quali, non da sangue/ né da volere di carne/ né da volere di uomo,/ ma da Dio sono stati generati./

E il Verbo si fece carne/ e venne ad abitare in mezzo a noi;/ e noi abbiamo contemplato la sua gloria,/ gloria come del Figlio unigenito/ che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità./

Giovanni gli dà testimonianza e proclama:/ «Era di lui che io dissi:/ Colui che viene dopo di me/ è avanti a me,/ perché era prima di me»./

Dalla sua pienezza/ noi tutti abbiamo ricevuto:/ grazia su grazia./

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,/ la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo./ Dio, nessuno lo ha mai visto:/ il Figlio unigenito, che è Dio/ ed è nel seno del Padre,/ è lui che lo ha rivelato.

(Gv 1,1-18)

Commento a cura di Luigi Castangia

La liturgia di oggi (Messa del giorno), ci pone innanzi al prologo del Vangelo di San Giovanni, uno dei passaggi più belli e più commentati di tutto il Nuovo Testamento.

In lui era la vita/ e la vita era la luce degli uomini;/ la luce splende nelle tenebre/ e le tenebre non l’hanno vinta.

Secondo la tradizione giudaica la storia dell’umanità sarebbe passata attraverso quattro notti.

Nella prima notte la parola di Dio, Sia la luce! (Gen 1,3), ha interrotto per la prima volta le tenebre sulla faccia dell’abisso.

La seconda è stata la notte di Abramo, nel giorno in cui il Signore stabilì con lui l’alleanza mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abramo, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono (Gen 15,12).

La terza notte è quella della Pasqua, che ha visto il popolo ebraico fuggire dal faraone, notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dalla terra d’Egitto (Es 12,42).

Infine l’ultima notte sarà quella del Messia, che vedrà sorgere un sole definitivo, non ci sarà né giorno né notte, e verso sera risplenderà la luce (Zac 14,7).

Così la luce risplendente nelle tenebre è quel bambino nato per noi, il Cristo, luce del mondo.

In principio era il Verbo.

Il Vangelo di Giovanni si apre con la stessa espressione della Genesi: In principio Dio creò il cielo e la terra.

In san Giovanni tuttavia non si tratta del momento in cui Dio ha chiamato l’universo all’esistenza, ma del Logos increato che era presso il Padre prima che il mondo fosse.

In principio era il Senso, il Significato di tutto. L’incarnazione che festeggiamo a Natale è la celebrazione del senso del mondo, di quel momento che ha tagliato la storia in due, dando significato alla storia umana altrimenti disperata.

«Per qual fine Dio ci ha creato?» si chiede il Catechismo di san Pio X, e la risposta è la seguente: «Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra in paradiso».

Ma la certezza sulla natura di Dio non sarebbe stata possibile, se Egli stesso non si fosse fatto conoscere, poiché Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Tale rivelazione è definitiva perché con essa Dio stesso pone la sua tenda in mezzo a noi.

L’utilizzo del verbo suggestivo eskēnōsen (piantò la tenda, nella versione CEI si legge venne ad abitare) indica il tabernacolo nel deserto, in cui Dio abitava (2 Sam 7,6), e a cui si fa riferimento in Lev 26,11: Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e non vi respingerò.

Colui che i cieli dei cieli non possono contenere sceglie una dimora terrena e in Cristo non disdegna di essere contemplato dagli uomini, pur essendo indicibilmente santo, terribile, maestoso e onnipotente è capace di volgere lo sguardo sugli umili che lo cercano.

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