«Occorre rilanciare i diritti della buona politica, la sua indipendenza, la sua idoneità specifica a servire il bene pubblico». Le parole pronunciate nei giorni scorsi a Cesena da papa Francesco ricordano il valore essenziale che la politica – quella «buona» – ha nella costruzione, paziente e operosa, del bene comune.
Troppo spesso si assiste, al contrario, a un’opera costante di demolizione delle istituzioni, sia nazionali che locali. Per ottenere un vantaggio momentaneo e un briciolo di visibilità in più si fa a gara a portare avanti attacchi sempre più «urlati», non di rado privi di qualsiasi fondamento reale. Tutto ciò, alla lunga, conduce a delegittimare le stesse istituzioni, che rischiano di apparire quasi svuotate del loro effettivo valore.
Appare urgente ristabilire, pur nella sana e legittima dialettica politica, una sorta di «fair play» istituzionale, grazie al quale recuperare valori e regole condivise, spirito di servizio e rispetto delle persone e dei ruoli ricoperti.
A tale riguardo è utile riprendere alcuni spunti di riflessione dalle parole del presidente Mattarella e dal magistero di Benedetto XVI.
Nel messaggio di fine anno del 2016 il Capo dello Stato mise in evidenza la necessità di promuovere il senso delle istituzioni e la concordia: «Essere comunità di vita significa condividere alcuni valori fondamentali. Questi vanno praticati e testimoniati. Anzitutto da chi ha la responsabilità di rappresentare il popolo, a ogni livello. Non vi sarà rafforzamento della nostra società senza uno sviluppo della coscienza civica e senza una rinnovata etica dei doveri. […] Vi è un altro insidioso nemico della convivenza: quello dell’odio come strumento di lotta politica. […] Una società divisa, rissosa e in preda al risentimento, smarrisce il senso di comune appartenenza, distrugge i legami, minaccia la sua stessa sopravvivenza».
È importante rileggere anche quanto Mattarella disse davanti alle Camere in occasione del suo giuramento: «In queste aule non si è espressione di un segmento della società o di interessi particolari, ma si è rappresentanti dell’intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese. […] Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti».
Le parole del Presidente, pur non facendone menzione esplicita, trovano riscontro nella dottrina sociale della Chiesa, che afferma: «La necessità di istituzioni politiche, la cui finalità è quella di rendere accessibili alle persone i beni necessari — materiali, culturali, morali, spirituali — per condurre una vita veramente umana» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 168). «Il fine della vita sociale – prosegue il Compendio – è il bene comune storicamente realizzabile».
Sulla stessa linea Benedetto XVI, che, nel suo fondamentale discorso al Parlamento Federale tedesco, pose in rilievo il valore delle istituzioni e la delicatezza del loro compito: «La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace. Naturalmente un politico cercherà il successo senza il quale non potrebbe mai avere la possibilità dell’azione politica effettiva. Ma il successo è subordinato al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto».
Seminare odio e divisione può apparire una via facile al consenso, ma è una strada che conduce tutti alla sconfitta. Solo il servizio concorde e disinteressato al bene comune è garanzia di futuro. È urgente non dimenticarlo.
Roberto Piredda
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