La compassione è esercizio sinodale di guarigione

Il Messaggio della XXXI Giornata mondiale del Malato

Foto Vatican Media/Sir

La compassione è esercizio sinodale di guarigione.

Dividiamoci in due gruppi: da una parte coloro che sono pronti per la malattia, dall’altra coloro che la temono, consapevoli della propria vulnerabilità.

Potrebbe essere un’esortazione originale e provocatoria, degna di un sondaggio d’opinione, di un dibattito televisivo, o anche di un incontro oratoriale.

Difficile immaginare le risposte, imbarazzante rivolgersi a coloro che si sentono pronti. 

Papa Francesco, in merito, non ha alcun dubbio ed esprime le sue convinzioni nel messaggio per la XXXI Giornata Mondiale del Malato: «Fratelli, sorelle, non siamo mai pronti per la malattia. E spesso nemmeno per ammettere l’avanzare dell’età. Temiamo la vulnerabilità e la pervasiva cultura del mercato ci spinge a negarla». 

Affermazione netta, dalle conseguenze alquanto preoccupanti: «E così il male, quando irrompe e ci assale, ci lascia a terra tramortiti». 

Ringraziamo il Santo Padre per la sua ben nota schiettezza, che puntualmente ed efficacemente emerge anche nel suddetto messaggio dal titolo «Abbi cura di lui”. La compassione come esercizio sinodale di guarigione». 

Un titolo dall’evidente duplice riferimento: alle Lettera enciclica «Fratelli Tutti» del 2020 e al Cammino sinodale della Chiesa Universale (2021-2023).

Un terzo riferimento del messaggio è quello al capitolo 34 del libro del profeta Ezechiele, con il suo linguaggio molto duro all’indirizzo dei cattivi pastori del popolo di Israele. 

Come armonizzare questi tre riferimenti? Direi in due sole parole: Camminare Insieme.

È una costante affermazione nel cammino sinodale sulla quale nessuno osa avanzare dubbi e perplessità, talvolta però si dimentica o non si ricorda con sufficiente consapevolezza che «quando si cammina insieme, è normale che qualcuno si senta male, debba fermarsi per la stanchezza o per qualche incidente di percorso».

Papa Francesco giustamente usa il termine «normale» ma troppo spesso si tratta della più normale delle anormalità.

Assurdo gioco di parole per esprimere l’assurdità, sempre più attuale, della volontà di Camminare Insieme ma solo tra persone in piena salute.

Per le altre persone, o magari per gli altri individui, ci si può orientare su una qualche forma di cammino alternativo, preferibilmente arricchito da un surrogato di consolazione. 

Certo… surrogato… perché la vera consolazione non può esistere senza la piena valorizzazione.

Nel progetto dell’autentico Camminare Insieme è di prioritaria importanza il ruolo di «coloro che esercitano sul popolo un potere economico, culturale e di governo».

Il profeta Ezechiele è estremamente severo nel giudicare il loro operato ma, come giustamente ricorda il Santo Padre, «La Parola di Dio è sempre illuminante e contemporanea. Non solo nella denuncia, ma anche nella proposta». 

Anche la parola del singolo battezzato e della singola comunità cristiana, non si limiti a una generica denuncia ma provi ad acquistare efficacia nella concretizzazione di una valida proposta.

Una lettura particolarmente attenta della parabola del Buon Samaritano mette in evidenza come «l’esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata.

La locanda, l’albergatore, il denaro, la promessa di tenersi informati a vicenda». 

Ecco lo spirito della Chiesa Sinodale, l’autentico Camminare Insieme, ecco la vera valorizzazione del malato.

Forse non saremo mai pronti per la malattia ma dobbiamo ampliare gli orizzonti del nostro sguardo verso il malato.

Uno sguardo che si fa incontro, un incontro che si fa valorizzazione, una valorizzazione che non teme di bussare e di proporre, rinnegando ogni forma, anche minima, di emarginazione. 

La compassione è esercizio sinodale di guarigione.

Don Marcello Contu – Direttore Ufficio diocesano Pastorale della Salute

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