La notizia è passata un po’ in sordina, come sempre accade. Una giovane ricercatrice di Capoterra, Domenica Farci, 27 anni, formatasi all’università di Cagliari ma da tre anni in Germania, ha ottenuto un borsa di studio e ha fatto rientro in Sardegna.
È una di quelle «good news» che in un certo qual modo il percorso di avvicinamento alla prossima Settimana sociale ha cercato di mettere in evidenza.
Nei giorni scorsi, il convegno diocesano di chiusura dell’anno pastorale è stato incentrato proprio sul tema dell’appuntamento di ottobre, e il relatore, don Walter Magnoni, nel corso dei suoi interventi ha ribadito come la Chiesa debba «essere dentro la realtà sociale e civile, attenta ai grandi mutamenti come in occasione della Settimana sociale, che va a intercettare il grande tema del lavoro».
In questi mesi, dallo scorso dicembre in poi, nei diversi incontri realizzati in quasi tutte le diocesi, manca solo un incontro a settembre realizzato dalle chiese di Sassari e di Alghero-Bosa, lo sforzo messo in campo è stato quello di ragionare su quale sia la situazione in determinate zone e quali possano essere i percorsi per superare l’emergenza della crisi. Sono state presentate anche delle buone prassi così come le potenzialità di alcuni settori da quello turistico ricettivo a quello agricolo, nei quali è possibile creare lavoro.
Monsignor Miglio, nelle sue conclusioni al convegno diocesano, ha evidenziato come l’intento della Settimana sociale sia quello di «far diventare pastorale ordinaria la Dottrina sociale della Chiesa ed è questa la grande sfida con la quale ci confrontiamo da anni ovvero fare uscire dalla nicchia la Dottrina sociale e farla diventare tema della pastorale ordinaria».
Un concetto che qualche giorno fa è stato espresso da monsignor Filippo Santoro, vescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico delle Settimane sociali. Nel corso dell’incontro del Comitato dei presidenti e delegati Copercom sul tema «Verso la 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani», il presule ha ricordato che, a partire dalla dottrina sociale della Chiesa, si vuole proporre qualcosa di concreto agli italiani. «Certo – ha specificato Santoro – non saremo noi a risolvere i problemi del lavoro con le Settimane sociali. Non vogliamo sostituirci alla politica. Ma, come dice papa Francesco, possiamo aprire dei percorsi».
Ed è quello che già da dicembre la Chiesa sarda ha voluto fare: aprire percorsi di dialogo cercando di comunicare esperienze, proprio come avverrà a ottobre a Cagliari. «La comunicazione delle esperienze – ha detto ancora monsignor Santoro – sarà al centro delle Settimane sociali, non la convegnistica di maniera. Quello che ci interessa è lo sviluppo posteriore e indicare cammini in risposta alla disoccupazione, anche al Parlamento, con proposte utili: dalla questione della defiscalizzazione alle politiche specifiche per il Mezzogiorno, viste come un’opportunità e un bene per tutto il Paese».
Una visione che anche don Walter Magnoni ha confermato nel corso della due giorni di convegno in Seminario, quando ha parlato di un approccio sociale che la Chiesa deve avere col mondo odierno. «Una Chiesa – ha detto – che provi a coniugare sempre più il rapporto tra fede e vita: la dimensione di fede deve sfociare in una vita di solidarietà e attenzione alle persone, trovando delle nuove formule perché nuovi sono i tempi».
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