Concretezza, rilancio della questione giovanile, nuovo protagonismo dei cattolici capaci di discernimento. Sono questi i tre «regali» della 48esima edizione delle «Settimane sociali», in programma a Cagliari dal 26 al 29 ottobre prossimi, attesi dai sindacalisti e direttori dei giornali diocesani. Sale la febbre nelle Chiese sarde − responsabili della pastorale sociale e del lavoro in primis − in vista di un appuntamento che dovrà «lasciare il segno» in Sardegna. Il pericolo reale è che l’evento scivoli via, non incida nelle Chiese locali senza promuovere un nuovo protagonismo sociale dei cattolici.
«Il paese − dice Ignazio Ganga, segretario generale della Cisl sarda − ha bisogno di cattolici impegnati nei processi di confronto democratico, capaci di discernimento e quindi in grado di offrire contributi originali. Questo potrà accadere solo se i laici cattolici staranno sulla frontiera e non si attarderanno su posizioni antiche, superate, spesso difensive. La Settimana sociale cagliaritana deve diventare occasione irripetibile per ripensare i nostri modelli di sviluppo, con lo stile della speranza e delle capacità di capire, oggi, il futuro».
Tonino Loddo, ex parlamentare, direttore de «L’Ogliastra», il mensile della diocesi di Lanusei, pensa alle ricadute interne della Settimana sociale. «Mi aspetto − dice − che le tematiche isolane possano avere una risonanza nazionale, soprattutto il problema dello spopolamento, causa ed effetto della crisi del lavoro, sottovalutato per tanto tempo fino a diventare, oggi, un’emergenza sociale. Il problema demografico non si risolve con una legge, ma esige riforme e sinergie di lungo respiro, con risultati che si realizzano soltanto dopo anni. Ecco perché ogni mese che passa è un ritardo grave nella lotta contro lo spopolamento».
«La “quattro giorni” cagliaritana, che sarà incentrata sul lavoro con un’attenzione speciale ai giovani, deve far arrivare alla classe di governo − secondo Giacomo Meloni, segretario generale della Confederazione sindacale sarda − un messaggio politico forte e inequivocabile. Se non si aprono prospettive nuove di attenzione verso i giovani, i loro problemi e la voglia legittima di diventare protagonisti, gli under 35 se ne andranno dalla Sardegna, come già accade con drammatica attualità. Se si investe su agroindustria, alimentare, cultura e turismo di massa il lavoro arriverà e, con l’occupazione, rientreranno i giovani, che vanno via perché sfiduciati dal disinteresse che vedono intorno al loro ruolo».
Giampaolo Atzei, direttore del settimanale diocesano «Sulcisiglesiente oggi», auspica concretezza. «Mi auguro − dice Atzei − che, soprattutto dai discorsi e dalle riflessioni della Settimana sociale, scaturiscano buone pratiche da applicare sul campo. Di questa esigenza si è parlato anche al convegno di Firenze, ma con poco successo. Nel nostro territorio abbiamo fatto il possibile per sensibilizzare le persone, attraverso i laboratori locali, discutendo sull’ambiente, la crisi e la riconversione industriale. L’impressione è che siamo fermi all’analisi dell’esistente, dobbiamo portare a casa risultati. Abbiamo interessanti esperienze lavorative che dovrebbero essere maggiormente sostenute. Il problema della fabbrica delle bombe è l’icona della distanza che esiste tra la concretezza e gli ideali di riferimento».
Don Petronio Floris dirige «Nuovo Cammino», quindicinale della diocesi di Ales-Terralba sempre molto attento alle problematiche del lavoro. «Nella nostra diocesi − dice don Petronio Floris − le percentuali della disoccupazione raggiungono livelli preoccupanti e qualche zona del nostro territorio veste la “maglia nera” nazionale della povertà. Dalla Settimana sociale cagliaritana ci aspettiamo una riflessione sulle tematiche del Sud, del Meridione, della nostra Sardegna. Una cosa è certa: da soli molti territori e regioni non possono farcela. Cagliari e la Sardegna non possono essere solamente sede logistica di un grande evento, la cui validità dipenderà dalla capacità di proporre uno o più progetti nazionali per rilanciare il lavoro, soprattutto giovanile, e di aiutare il Paese a uscire dall’emergenza e a colmare il divario tra Nord e Sud dell’Italia».
Mario Girau
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