I dati Istat certificano la diaspora di residenti e il calo di nascite
L’agonia demografica di un’Isola in affanno
In Sardegna nascono sempre meno bambini e i giovani lasciano l’Isola in cerca di lavoro.
Sono i due elementi che fotografano l’agonia demografica di una regione in forte affanno.
I recenti dati sulle iscrizioni scolastiche hanno certificato, se mai ce ne fosse stato bisogno, il crollo di nuovi alunni: 3.600 studenti in meno il prossimo settembre, e meno 10mila dal 2018 sino a oggi, segno inequivocabile di come in Sardegna si facciano sempre meno figli.
Il saldo negativo è più evidente nelle scuole materne e nelle primarie: sono i bambini più piccoli a mancare, quelli nella fascia 3-10 anni.
A questo poi si aggiunge l’altro dato: i giovani una volta formatisi fanno la valigia per trasferirsi altrove, alla ricerca di un lavoro e di soddisfazioni professionali che la Sardegna non riesce ancora dare loro.
La maggior parte delle volte si tratta di giovani nati nei piccoli centri, nelle zone interne, dove per limiti strutturali insuperabili – dai trasporti inefficienti, alla digitalizzazione inesistente o inadeguata – lasciano casa perché è impossibile dar vita ad un proprio percorso lavorativo.
Gli ultimi dati disponibili indicano numeri impietosi: oltre 13 mila abitanti in meno, 2.650 dei quali si sono trasferiti.
È come se tutti gli abitanti di Villa San Pietro, o Desulo, si fossero trasferiti fuori dall’Isola.
Se si aggiunge la differenza tra i nati e i morti in quest’anno di pandemia, invece, è come aver perso tutta la popolazione di Tempio Pausania, o Villacidro.
Dai dati presentati da l’ISTAT nei giorni scorsi emerge che la popolazione della Sardegna è passata da 1.611.621 abitanti (791.696 maschi e 819.925 femmine) a 1.598.225.
Anche a causa della pandemia i morti sono stati quasi 19mila, mentre nel 2019 erano stati 17mila.
Anche il saldo delle nascite è negativo, oltre 600 in meno.
Una situazione difficile, per la quale le soluzioni tardano ad arrivare.
Una possibile via d’uscita è rappresentata dal «Recovery plan», che potrebbe destinare risorse da programmare per investimenti strategici e affrontare le emergenze storiche dei territori.
Si potrebbe intervenire per ridurre il divario tra chi vive e lavora in una grande città e chi vorrebbe farlo in un piccolo paese, oppure consentire alle donne di conciliare il lavoro e la famiglia, evitando che debbano rinunciare alla loro professione per badare ai figli.
Il trend per invertire il declino e lo spopolamento passa per il sostegno di giovani e famiglie, attraverso politiche serie di sostegno.
Aiutando i nuclei familiari si lavoro per il futuro di un’Isola in affanno, che fatica ad uscire dalla crisi: si bloccherebbe così l’agonia demografica di un’Isola in affanno.
Roberto Comparetti
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