«La disoccupazione che interessa diversi Paesi europei è la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro. E aggiungo, pensando ai lavoratori incontrati in Sardegna: la speranza è come la brace sotto la cenere, aiutiamoci con la solidarietà soffiando sulla cenere, la speranza, che non è semplice ottimismo, ci porta avanti, la speranza dobbiamo sostenerla tutti, è nostra, è cosa di tutti, per questo dico spesso anche ai giovani non lasciatevi rubare la speranza. Dobbiamo anche essere furbi, perché il Signore ci fa capire che gli idoli sono più furbi di noi, ci invita ad avere la furbizia del serpente con la bontà della colomba».
È uno dei passaggi della lunga intervista che papa Francesco ha rilasciato nei giorni scorsi al quotidiano economico «Il Sole 24 Ore».
Nella chiacchierata il Pontefice ha parlato a tutto tondo dell’economia globale e dei nefasti effetti della finanza speculativa, capace di influenzare pesantemente la politica mondiale.
Spicca nell’intervista il ricordo della visita in Sardegna, a pochi giorni dal quinto anniversario della sua venuta sull’Isola.
Il 22 settembre del 2013 nel Largo Carlo Felice a Cagliari Francesco incontrando il mondo del lavoro tra l’altro aveva detto. «È difficile – avere dignità senza lavorare. Questa è la vostra sofferenza qui. Questa è la preghiera che voi di là gridavate: “Lavoro”, “Lavoro”, “Lavoro”. È una preghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire portare il pane a casa, lavoro vuol dire amare!».
Di quella visita restano dei fotogrammi: l’incontro con i malati nella basilica, toccante, la Messa davanti a 100mila fedeli, in un tripudio di colori e di suoni tipici della tradizione sarda.
Il pranzo al Seminario regionale con i Vescovi dell’Isola, un momento di fraternità particolarmente gradito dal Papa.
Poi l’incontro con i poveri e i detenuti in Cattedrale, quello con le religiose in Episcopio, con il mondo della cultura in Facoltà Teologica, prima dell’abbraccio dei giovani nel Largo Carlo Felice.
Una giornata storica per la Sardegna e per Cagliari, che hanno confermato fedeltà al successore di Pietro.
Nell’intervista rilasciata a Mario Girau, monsignor Miglio, ricorda come il Papa abbia ancora in mente la sua visita a Cagliari, e negli incontri in Vaticano Francesco continui a domandare quale sia la situazione nella nostra Isola.
Un segno di attenzione paterna che mostra, se mai ce ne fosse bisogno, come Bergoglio ami la Chiesa e tutti i suoi figli, specie quelli più deboli.
Da quel settembre di cinque anni fa in Sardegna alcune cose sono cambiate, come ad esempio il numero delle persone in cerca di lavoro è leggermente diminuito. Restano però ancora troppi giovani che né studiano né lavorano, i cosiddetti Neet: la nostra Isola registra uno dei tassi più alti in Europa.
Per questo occorre maggior impegno nel l’offrire opportunità formative capaci di far entrare al più presto i giovani nel mondo del lavoro.
Secondo alcuni dati in Sardegna mancherebbero ben 19 professionalità: il mercato ha necessità di alcune competenze che però il sistema formativo non è in grado di offrire.
Domanda e offerta non riescono ad incontrarsi, anche perché troppo spesso il sistema formativo non vede di buon occhio quello imprenditoriale.
Il dialogo tra i due soggetti potrebbe invece offrire risposte alle esigenze di entrambi, evitando così di provocare quella «sofferenza che ruba la speranza», come l’aveva definita cinque anni fa un lavoratore nel Largo Carlo Felice.
Roberto Comparetti
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