II Domenica di Pasqua (Anno A)
Metti qui il tuo dito e guarda.
Dal Vangelo secondo Giovanni
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.
E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!».
Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso.
Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!».
Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Commento a cura di Roberto Ghiani
Se nel Vangelo della Domenica di Pasqua si era registrata l’assenza del protagonista e la resurrezione era stata annunciata con segni ambigui, questa domenica è consacrata, invece, a celebrare la presenza del Risorto nella Comunità, presenza confermata da segni inequivocabili.
La sera di Pasqua, in un clima di paura, con le porte chiuse per timore dei Giudei, Gesù viene in mezzo ai suoi portando il saluto di pace e mostrando le ferite sul suo corpo.
Si presenta a coloro che lo hanno tradito e abbandonato (eccetto il discepolo amato, secondo il Vangelo di Giovanni) mostrando le «ferite» del tradimento, ma offrendo il saluto di pace concede loro il perdono, come già avevano fatto capire le parole rivolte alla Maddalena pochi versetti prima: «Va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”» (Gv 20,17).
Chiama «suoi fratelli» e «figli del suo stesso Padre» coloro che l’avevano tradito. Solo dopo aver fatto l’esperienza del perdono, i discepoli possono a loro volta perdonare, continuando così l’opera di Gesù con l’assistenza dello Spirito Santo: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi… a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati» (Gv 20,21-23).
Questa domenica è anche chiamata in modo significativo «Domenica della Divina Misericordia» – secondo l’indicazione che Gesù stesso diede a S. Faustina Kowalska – per celebrare proprio la festa del perdono che sgorga dall’amore di Dio e che dà gioia. Una gioia offerta a tutti noi, destinatari della promessa fatta a Tommaso, che crediamo senza aver visto (cf. Gv 20,29).
La gioia è un motivo comune alle tre letture della liturgia odierna.
La prima comunità cristiana viveva la fraternità e la comunione intorno alla mensa con «letizia e semplicità di cuore» (At 2,46), confermando quanto già diceva il Salmo: «Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme» (Sal 133,1).
La seconda lettura afferma che i fedeli, pur nella prova, sono «ricolmi di gioia» perché la loro speranza è certa e immarcescibile (cf. 1Pt 1,3-6).
Il Vangelo segnala che al vedere il Crocifisso vivo che offre il saluto di pace – superando, così, ogni tradimento – i discepoli gioirono.
Una gioia che convive con la paura (le porte erano ancora chiuse) e che deve sbocciare in mezzo alla paura.
È necessario che i cristiani, oggi, facciano risuonare l’annuncio gioioso della presenza del Risorto e del perdono in un mondo sfiduciato e triste, deluso e scoraggiato.
I discepoli di Gesù non chiudono gli occhi sulle fatiche dell’esistenza, sanno quali sono le difficoltà della vita, ma hanno una «speranza viva» (1Pt 1,3) che dà loro la forza di affrontarle.
Metti qui il tuo dito e guarda.
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