Nessuno ha un amore più grande: dare la vita

VI Domenica di Pasqua (Anno B)

(Don Pino Puglisi- Foto Agensir)

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.

Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi.

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.

Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando.

Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.

Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

(Gv 15,9-17)

Il commento al Vangelo di questa domenica è affidato a padre Gian Paolo Uras, direttore del Centro missionario diocesano.

Grazie a don Carlo Rotondo per il servizio reso nello scorso numero.

Commento a cura di Gian Paolo Uras

La vita è fatta di contrasti che molte volte sono solo apparenti.

Il Vangelo oggi ci presenta due verbi che sembrano contrastanti: rimanere e andare. Infatti Gesù dice ai suoi discepoli: «Rimanete nel mio amore», ma dopo poche righe aggiunge: «Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto».

Nel primo verbo, rimanere, c’è qualcosa che ha il sapore dell’intimità, dello stare, qualcosa che parla di casa.

Nel secondo verbo, andare, c’è tutta la forza di una missione che porta ad uscire e dare frutto. 

Ma insomma Gesù, vuoi che rimaniamo o che andiamo? 

C’è un terzo verbo in questo Vangelo che unisce e dà senso agli altri due: amare!

Sì, perché il senso dello stare e dell’andare è fare l’esperienza dell’amore.

Il primo «start» dell’amore infatti avviene nel rimanere perché solo così possiamo lasciare che Dio ci ami gratuitamente: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi» leggiamo nella seconda lettura della liturgia di oggi.

Solo facendo questa esperienza abbiamo l’entusiasmo per vivere, perché ricevere questo amore gratis ci trasforma e ci fa vedere la vita con altri occhi, ma poi, affinché noi possiamo fare l’esperienza completa dell’amore, e quindi amare, ci dice: «andate», perché l’amore è sempre uscire da noi stessi.

E non solo perché per amare qualcuno dobbiamo andare al di là di noi stessi, ma perché dopo il primo «start» del lasciarsi amare da Dio l’incontro con Cristo avviene nello «stare» in missione, cioè nell’uscire, perché uscendo incontreremo l’amore di Dio fatto carne e fatto storia nella vita di ogni persona che incontriamo nel nostro cammino.

Questo ce lo spiega molto bene papa Francesco con l’immagine dell’intimità itinerante: «L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, suppone un uscire da se stessi, un camminare e seminare sempre di nuovo, sempre più in là». 

Questa è anche la mia esperienza in missione in Brasile dove mi trovo da 11 anni.

Certo, ho bisogno di stare in preghiera e in silenzio per avere forza di uscire e donarmi giorno dopo giorno, ma è vero anche che solo uscendo di casa incontro il Signore e il senso della mia vita nelle storie e nei fatti delle persone che trovo in quel «andate», che è il comandamento del mio Signore risorto. 

Anche Solange, una signora di 53 anni che si sta coinvolgendo nella missione, in questi giorni ci diceva la stessa cosa: «Da quando ho capito che per il fatto di essere battezzata sono una missionaria la mia vita è  cambiata, anzi, è cambiato il mio modo di vedere e vivere la vita».

«Prima di capire che anche io sono missionaria, nel pezzetto di strada che facevo da casa mia al lavoro stavo sempre con la testa bassa pensando alle mie cose, a volte addirittura pregando, ma da quando ho capito che sono chiamata ad andare e portare frutto cerco di guardare in faccia le persone che incontro per strada e vederle come fratelli e sorelle di cammino in cui posso vedere Gesù e a cui posso annunciarlo a partire di un semplice sorriso. Quelli che prima vedevo come ragazzi di strada adesso sono miei amici». 

Sì, è proprio vero: bisogna rimanere per andare e andare per rimanere: è una legge dell’amore.

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