Non può esserci inclusione senza fraternità

Gli italiani dichiarano di essere poco informati sul tema della disabilità

Nel concetto di inclusione è insito quello di fraternità.

Lo ha ricordato il Santo Padre nella Giornata internazionale delle persone con disabilità.  

La Giornata rappresenta un modo importante per aiutare a riflettere su come superare le difficoltà esistenziali e i pregiudizi culturali che ancora troppo spesso riguardano i disabili. 

Lo conferma una ricerca dell’Istituto Swg, secondo la quale gli italiani sono poco informati sulla condizione dei più svantaggiati, mentre crescono sentimenti di indifferenza e di pregiudizio. 

Sempre dalla stessa ricerca emerge che uno su tre ha assistito a episodi di discriminazione.

Secondo l’indagine il 63% degli italiani pensa che la divulgazione sulla disabilità sia insufficiente e il 79% ritiene che giornali, radio e televisioni non diano spazio al tema.

Eppure si tratta di un mondo che riguarda il 15% della popolazione, tra soggetti direttamente coinvolti e loro familiari.

L’Onu ricorda come «le persone con disabilità  costituiscano uno dei gruppi più esclusi della nostra società».

Sia perché spesso le norme giuridiche a loro favore non sono attuate, sia perché sul piano sociale e culturale i «diversi» (come vengono spesso percepiti i disabili, e molti fatti di cronaca, anche recenti, purtroppo lo testimoniano) sono ancora oggetto di gravi discriminazioni.

Nello scorso numero davamo conto di una maestra demansionata da una commissione medica perché affetta da sclerosi multipla, mentre nei giorni scorsi un alunno disabile di un istituto dell’hinterland cagliaritano non è potuto andare in bagno perché il collaboratore scolastico che lo accompagna era assente e nessuno poteva farlo.

La corsa della madre a scuola ha permesso di aiutare il ragazzo.

Non può esserci inclusione.

Sul tema della disabilità la Sardegna non registra solo criticità ma anche buone prassi. 

È il caso della legge nazionale 162/1998 che prevede l’attuazione di piani personalizzati a favore di persone con handicap grave, con la finalità di promuovere l’autonomia e fornire sostegno alla famiglia in cui è presente la persona con grave disabilità.

Una legge nata in Sardegna e che oggi è adottata in tantissime regioni come buona prassi. 

Il concetto di questo provvedimento è legato alla centralità della famiglia: il nucleo familiare viene sostenuto nella gestione dei componenti con disabilità, a volte più di uno, con l’ausilio di figure professionali specifiche per le esigenze di minori o adulti.

Ciò che forse deve crescere è il senso di solidarietà e di vicinanza alle famiglie che si ritrovano ad avere una persona disabile.

Papa Francesco nel messaggio di sabato scorso ha ricordato che «non basta difendere i diritti delle persone; occorre adoperarsi per rispondere anche ai loro bisogni esistenziali, nelle diverse dimensioni, corporea, psichica, sociale e spirituale».

Non può esserci inclusione.

Da qui la necessità di un cambio di paradigma.

«Occorre promuovere – scrive ancora il Pontefice – una spiritualità di comunione, così che ognuno si senta parte di un corpo, con la sua irripetibile personalità».

«Solo così ogni persona, con i suoi limiti e le sue doti, si sentirà incoraggiata a fare la propria parte per il bene dell’intero corpo ecclesiale e per il bene di tutta la società».

Da tempo anche nella nostra diocesi è attivo uno specifico percorso di catechesi per le persone disabili: una modalità inclusiva che nasce da un’attenzione fraterna alla persona.

Roberto Comparetti

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