Quella dei giorni scorsi è stata un’ondata eccezionale di maltempo. Tuttavia, ogniqualvolta la pioggia è più abbondante del solito, scatta subito l’emergenza
In più di un’occasione i geologi hanno sollecitato una maggiore tutela del nostro territorio. «Ci troviamo ─ afferma Davide Boneddu, presidente regionale dell’Ordine dei geologi ─ in una situazione nella quale siamo costantemente costretti a gestire le emergenze, momenti di estrema criticità e di portata eccezionale. Questo perché ancora non siamo riusciti a intervenire sull’ordinarietà, facendo sì che il territorio sia “pianificato”, gestito e manutenuto in modo attento, responsabile e consapevole. Fare in modo che, in caso di episodi di gravità eccezionale, i loro effetti ed eventuali danni generati siano limitati e arginati. Se queste azioni in una fase “ordinaria” non avvengono, è evidente che poi in fase di emergenza la gestione diventi più complessa fino a causare, come nell’alluvione del 2013, addirittura la perdita di vite umane».
In alcune zone della nostra isola si vivono dei fenomeni divenuti ormai ciclici. Quali indicazioni avete dato alle istituzioni per affrontare queste situazioni con una programmazione efficace?
La pianificazione territoriale va effettuata in modo attento e oculato, in base anche agli strumenti disponibili: in questi anni si è parlato tanto del Piano di assetto idrogeologico, che mette in relazione sensibilità e criticità del territorio con la possibilità o meno di realizzare un determinato intervento. Va detto che oggi la Regione, ottemperando a direttive nazionali, ha predisposto il Piano di gestione del rischio alluvioni. È uno strumento di estrema importanza perché codifica quanto detto prima in caso di alluvioni o frane. È molto curato dal punto di vista idraulico ma carente su quello geologico. Un esempio è la poca attenzione al cosiddetto «trasporto solido», ossia quando un fiume in un evento calamitoso esonda portando con sé acqua e detriti. Anche sulle frane il Piano in questione è carente: per questo denunciamo quelle che, a nostro avviso, sono mancanze della pianificazione regionale. Alcuni strumenti sono stati predisposti, altri tardano a essere completati. Il nostro pungolo è che si investa sulla geologia e sullo studio del territorio, così che gli strumenti, come i piani di Protezione civile, siano sempre più efficaci ed efficienti, consentendo a chi guida questo comparto di sapere, con certezza, quali siano le criticità e dove queste avvengano e che anche il cittadino sappia come comportarsi.
Come dovrebbe comportarsi chi abita in case costruite vicino ad argini o in territori soggetti a frane?
Come geologi siamo sempre stati disponibili a dare il nostro apporto alle istituzioni nelle emergenze, stavolta come nel 2013 o negli altri eventi di portata eccezionale. Ora è necessario un censimento dei danni provocati, per poi verificare tutte le criticità presenti «a scala di bacino», ossia il rilievo del rischio residuo. Dobbiamo capire quali sono i potenziali problemi di queste strutture, non per forza vicine ad alvei di fiumi, ma che possono generare pericolo per persone o cose al verificarsi di un evento pluviometrico meno importante di quello dei giorni scorsi. Si faccia una mappatura del territorio e la si consegni a chi dovrà poi intervenire. Le istituzioni svolgeranno i propri compiti, ma è fondamentale l’educazione nel rapporto con il territorio, specie nelle scuole. Da lì dobbiamo ripartire per far sì che questi eventi, in una programmazione di medio-lungo termine, siano il meno possibile eccezionali e dannosi per il territorio e i suoi abitanti.
Francesco Aresu
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