Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo?
Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo?
Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore».
Commento a cura di Carlo Rotondo
Con il Vangelo di questa settima Domenica del Tempo Ordinario ci congediamo per un po’ dalla lettura continuata di San Luca e ci diamo l’arrivederci a dopo Pasqua quando, praticamente, sarà estate.
Oggi abbiamo ascoltato la parte conclusiva del discorso lucano delle Beatitudini.
Gesù, disceso dalla montagna dove, dopo una notte di preghiera, ha scelto i suoi dodici discepoli, giunto in un luogo pianeggiante, ha alzato gli occhi e ha incrociato lo sguardo con quello dei Discepoli ed a loro, con quel «voi» ripetuto, ha rivolto questo lungo discorso dove i passaggi forti sono: 1- Le Beatitudini (Quinta Domenica del Tempo Ordinario); 2- L’amore per i propri nemici (Domenica scorsa) e 3- Il discorso di oggi col quale, di fatto, Gesù spiega quale tipo di discepoli vuole.
Gesù, chiaro ed esplicito come sempre, chiede a chi vuole essere suo discepolo di essere una «guida vedente», perché un cieco non può guidare un altro cieco. E inizia a fare un «clinic oculistico» al cuore dei Dodici: si diventa guide vedenti prima di tutto con la pulizia del proprio occhio (riconoscendo i propri peccati) e, poi, aiutando l’altro a pulire il suo.
Il contrario di guida vedente Gesù lo chiama cieco che guida, non solo perché non capace di vedere ma anche perché vede male.
In questa categoria vi rientrano, abbondantemente, anche le «guide osservanti»: quei falsi discepoli, o se preferite quei falsi vedenti, che non vedono, non vogliono vedere o fanno finta di vedere i propri difetti ed errori e invece sono fini e acuti osservatori dei difetti e degli errori degli altri. Ma, ancor peggio, nell’osservare gli errori e i difetti altrui, anziché aiutarli a fare pulizia lo finiscono di accecare ulteriormente umiliandolo, prendendolo in giro e facendo della sua cecità un motivo di disprezzo.
In realtà, in questa sequenza, Gesù vuole insegnare ai suoi discepoli a vedere come vede Lui, come vede Dio. E Dio vede con gli occhi del cuore perché il Suo è uno sguardo d’amore.
È lo sguardo straziante della madre a cui le si contorce il ventre (lo dice la radice etimologica della parola misericordioso) quando vede il figlio soffrire o sbagliare.
E tutto il Vangelo di Luca sarà una grande scuola di … «Vista». Memorabili le pagine di Luca dell’incontro di Gesù con Zaccheo, il racconto della parabola del Padre misericordioso più nota come parabola del Figliol prodigo.
Il verbo chiave dei due brani è proprio il verbo «Vedere».
Gesù che alza lo sguardo su Zaccheo, arrampicato sul sicomoro e il Padre che vede da lontano il figlio che torna: sono due icone del modo con cui Dio guarda l’uomo. Chi vuole essere discepolo deve imparare quello sguardo.
C’è una brevissima poesia africana che recita così: «Se in una notte nera, su una pietra nera, c’è una formichina nera … Dio la vede e la ama».
Gesù cerca, ieri come oggi, discepoli che sappiano «vedere» così: con attenzione e delicatezza. L’indifferenza e il disprezzo sono la forma più raffinata e meschina del finto credente.
Un caro saluto a tutti .
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