Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Commento a cura di Marco Orrù
«La gente chi dice che io sia?». Viviamo in un tempo dominato dai sondaggi. In alcuni casi sono orientati a prevedere risultati attesi, altre volte indicano lo stato attuale della popolarità di personaggi, istituzioni, orientamenti politici.
Siamo preoccupati di ciò che la gente pensa di noi, abbiamo la necessità di sentirci riconosciuti e apprezzati e sebbene sappiamo che i tanti «mi piace», che abitano le nostre bacheche mediatiche, sono solo sbrigative indicazioni senza anima. Tuttavia li sentiamo sufficienti per concederci un’effimera rassicurazione di approvazione.
La domanda che Gesù pone ai discepoli non è generata da una tale preoccupazione. Egli si rende conto che le folle che lo seguono, sono attratte dai gesti prodigiosi che ha compiuto, ma l’orizzonte sul quale si muovono è ancora parziale e limitato con il rischio di diventare ingannevole. Gli stessi discepoli, riportando il comune sentire della gente, registrano indicazioni che si fermano ad assimilarlo a Giovanni Battista, Elia o uno dei profeti.
«Ma voi chi dite che io sia?». Il cerchio dell’indagine si restringe al parere dei discepoli e subito la risposta di Pietro è lapidaria: «Tu sei il Cristo».
Affermazione teologicamente perfetta che riconosce nella persona di Gesù colui che incarna le secolari attese del Messia del popolo giudaico. Ma Gesù chiede il silenzio «messianico» e annuncia che il compimento della rivelazione troverà la sua realizzazione nel mistero pasquale.
Un insegnamento, esposto con decisione e chiarezza, che disegna un percorso davvero difficile da accettare poiché si sviluppa attraverso tre verbi che dicono sofferenza, rifiuto e morte, preludio alla risurrezione.
Un programma che trova una reazione immediata e istintiva da parte di Pietro che, come gli altri discepoli, si era fermato all’idea di un Messia glorioso e vincitore alla maniera umana.
«Va dietro a me, satana! Perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Pietro, che si era spinto troppo in avanti con i suoi sogni di gloria, viene rimproverato da Gesù e invitato a mettersi dietro a Lui. Ha ancora tanto da imparare per conformare i suoi progetti umani con quelli che Dio sta realizzando con il suo Figlio Gesù.
Pietro dovrà misurarsi altre volte nel conflitto, tra il suo entusiasmo e le fragilità umane che ne frenano gli slanci, fino al rinnegamento della sua amicizia con Gesù, lo stesso che in questa occasione viene da lui proclamato «Cristo».
Per questo lo sentiamo molto vicino a noi, quando siamo abitati da fervore e dedizione, mentre in altre circostanze la persona di Gesù ci appare estranea.
Quante difficoltà anche per la nostra vita di credenti nel seguire le orme del Vangelo. Quante proteste espresse con decisione e altre covate nel cuore, quando il percorso si fa difficile e sofferto e non corrisponde alle nostre aspettative. Quando il «sì» dell’obbedienza docile o il «no» del rifiuto ostentato con orgoglio diventano discriminanti per la vita di un fedele laico come per quella di un consacrato.
«Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
È in questi momenti che si misura la nostra fede, nella disponibilità ad assumere la croce ogni giorno, come aspetto qualificante di una vita illuminata dalla Parola del Signore.
Solo in questa logica la vita può farsi dono per la causa di Cristo e del Vangelo, dove «salvarsi da se» conduce a perdere la propria vita e «perdersi in Gesù» significa guadagnare la vita in pienezza.
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