V Domenica di Quaresima (Anno C)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi.
Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui.
Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».
Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.
Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.
Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».
Ed ella rispose: «Nessuno, Signore».
E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Commento a cura di Davide Piras
Il nostro cammino quaresimale è giunto al momento decisivo.
Siamo invitati a fare nostro lo stile di Dio, che è paziente con noi e ci perdona sempre, come ai due figli della scorsa domenica.
Il perdono di Dio precede sempre il nostro pentimento e ogni nostra aspirazione ad essere figli nel Figlio.
Il Vangelo di Giovanni di quest’ultima domenica ci porta con Gesù a Gerusalemme, perché anche a noi sia data la possibilità di sperimentare come Dio perdona il nostro peccato e ci fa dono della sua libertà per amare come Lui, fino alla fine.
Nella Città Santa, Gesù trascorre le notti a valle, nel monte degli Ulivi, e dal mattino presto sale al tempio, dove parla e opera alla presenza del popolo (cf Lc 8,1-2).
Proprio nel tempio Egli viene raggiunto dagli scribi e dai farisei, chiaramente intenti a metterlo in ridicolo e in grave difficoltà per accusarlo (v. 6).
Questi gli presentano una donna sorpresa in flagrante adulterio: per loro è chiaro che va uccisa. Oltre alla possibilità della lapidazione (cf Lv 20,10; Dt 22,22-24), vi era anche quella dello strangolamento (cf Mishnah).
Opporsi all’uccisione dell’adultera significava mettersi contro la Legge e offrire all’avversario il pretesto per condannare Gesù. Nessuno dei presenti, però, avrebbe mai immaginato il gesto che Gesù si preparava a compiere.
Nel silenzio più sconcertante, Gesù si china a terra, con il dito fa dei segni sul lastricato di pietre del tempio e si risolleva (vv. 3-6).
I suoi accusatori non si accontentano del grande gesto compiuto e vogliono a tutti i costi che risponda qualcosa.
La sua risposta condensa tutto il cammino del popolo di Israele peccatore: Colui che tra voi è senza peccato, per primo getti una pietra su di lei.
Per la seconda volta, in eloquente silenzio, Gesù si china, con il dito segna sul lastricato di pietre del tempio e si risolleva (vv. 7-8).
Il Figlio, l’Unto, il compimento di Israele e della Legge riporta gli astanti al gesto compiuto da Dio sul monte Sinai.
Con il suo dito, Dio ha dato a Mosè una Legge, che subito il popolo deturpa con la sua infedeltà.
Frantumate le Tavole scritte sulla pietra dal dito di Dio, Mosè ottiene da Lui una ri-scrittura della Legge, donata da Dio come attestazione del suo perdono di fronte al peccato e all’infedeltà di Israele.
In Gesù che si china c’è il dito della destra di Dio in azione, che mette il popolo infedele davanti alla sua realtà più vera, quella di essere continuamente bisognoso del suo perdono.
Proprio per questo, dopo aver compreso il gesto eloquente e la parola veritiera di Gesù, dai più anziani tutti se ne vanno, forse delusi o forse cambiati, e lo lasciano solo. Gesù è solo, il suo gesto e la sua parola, che hanno celebrato il perdono di Dio, fanno fatica ad essere accolti.
Nel mezzo, vicino a Gesù, rimane la donna (v. 9).
Senza minimizzare la gravità del suo peccato, Gesù le ha fatto sperimentare il dono della misericordia terapeutica, guarendola dal peso di quanto ha compiuto affinché si converta dalla sua condotta di prima (vv. 10-11).
Il perdono di Dio per ognuno di noi diventa promessa: «Va’ e d’ora in poi non peccare più». Accogliamolo da discepoli.
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