Santissimo Corpo e Sangue del Signore
Dal Vangelo secondo Marco
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”.
Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo».
Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.
E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Commento a cura di Ivan Garro
«Sangue dell’alleanza».
Mi pare che queste parole di Gesù possano collegare tutti i brani della Scrittura che la Chiesa ci offre nella domenica in cui celebriamo la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.
Nella prima lettura ascoltiamo il brano in cui Mosè sancisce l’alleanza tra Dio e il suo popolo.
Due passaggi mi colpiscono particolarmente. Il primo riguarda il sangue che Mosè versa sull’altare e con cui poi, dopo aver letto il libro dell’alleanza, asperge il popolo.
Nella Bibbia il sangue indicava la vita (cf. Lv 17,14), allora quel sangue che prima viene versato sull’altare e poi raggiunge il popolo indica la vita di Dio che viene donata agli israeliti attraverso l’ascolto e l’accoglienza della Parola.
L’altro aspetto che mi colpisce è come il popolo esprima la sua adesione alla Parola del Signore: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
Non sarebbe stato più corretto parlare prima di ascolto e poi di esecuzione?
La risposta del popolo sembra suggerirci che dopo un primo ascolto e una prima adesione alla Parola del Signore, abbiamo bisogno di restare alla sua scuola, di continuare ad ascoltarla senza avere la pretesa di aver già capito tutto: la Parola del Signore la comprendiamo nella misura in cui la lasciamo vivere in noi, gradualmente, passo dopo passo, con pazienza e speranza.
Questa stessa dinamica sembra tornare nel brano del Vangelo.
Infatti è interessante notare che Gesù prima prende il calice, rende grazie e lo dà ai suoi perché ne bevano, e poi spiega il senso di quanto ha fatto.
Di nuovo sembra proprio che il Signore ci inviti innanzitutto ad accogliere il dono della sua vita e così, pian piano, crescere nella comprensione di quanto ha fatto per noi.
Forse un aiuto per quelli di noi che possono ritrovarsi stanchi fino a chiedersi che senso ha partecipare ogni domenica alla mensa del Signore, ripetere ogni volta quei gesti e quelle parole: è un dono che ci supera e che chiede di essere prima di tutto accolto con fiducia, così da potersi mostrare sempre più nel suo mistero.
Ancora una volta il Signore ci educa al senso del cammino: ci invita a non pensare di essere già arrivati alla meta, ci invita a restare svegli, per lasciarci amare sempre più e così imparare a fare altrettanto.
Termino notando che nel brano della lettera agli Ebrei che accompagna la liturgia di oggi, il termine «alleanza» è accompagnato dall’aggettivo «nuova»: l’alleanza che Gesù compie è nuova.
Sì, perché il popolo, dopo quel momento ai piedi del Sinai che abbiamo rivissuto nell’ascolto della prima lettura, scoprì presto di non essere capace a mantenere la promessa fatta.
E proprio nel dolore provocato da questa amara constatazione, il Signore era intervenuto preannunciando qualcosa di nuovo, una nuova alleanza appunto, non più esterna a noi, ma scritta nel nostro cuore (cf. Ger 31,31-34).
Ecco cosa ha fatto per noi il Signore e cosa continua a fare domenica dopo domenica: trasforma il nostro cuore e lo rende sempre più capace di vivere la sua Parola, e così più capace di vivere da consanguinei, con lui e fra noi.
Allora con il salmista accostiamoci al Signore con rinnovata gratitudine, coscienti del nostro bisogno di lui, e lasciamo che trasformi sempre più la nostra vita a somiglianza della sua.
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