Dove eravamo rimasti? La celebre domanda di un conduttore televisivo dei tempi passati appare quanto mai attuale a proposito dell’imminente riapertura delle scuole.
La risposta la possiamo prendere dalle parole di una studentessa di terza liceo: «Il 4 marzo, dopo due ore stressanti di verifica di italiano, sono andata a correre. Quando sono tornata, ho preso il telefono e ho visto cos’era successo nel mentre: scuole chiuse, morti che aumentavano. Non ci volevo credere. Dal giorno dopo è cambiato tutto. Ogni giorno a casa. Ogni giorno “Zoom”, password, sei dentro? Tutto piatto. Di persone ne sono morte tantissime e questo fa davvero male. Spero solo in una risurrezione, una ripresa del battito del cuore, perché credo che questo sia abbastanza».
La «risurrezione» invocata dalla studentessa è quanto tutti auspicano per l’anno scolastico che sta per cominciare all’insegna del rientro in presenza.
La scuola italiana, statale e paritaria, grazie alla didattica a distanza non si è fermata, neppure nei giorni più bui dell’emergenza del Covid-19. Non va però dimenticata la «ferita» dei mesi scorsi: il venir meno per gli studenti dell’esperienza viva di una comunità educante.
Tre parole chiave possono aiutare a riflettere sulla ripresa a scuola: ascolto, responsabilità, speranza.
Prima di tutto serve l’ascolto. Riaprire le scuole non è solo una questione di banchi nuovi e distanziamento fisico, per quanto gli aspetti logistici siano importanti.
L’ascolto, serio e senza pregiudizi, della realtà dei ragazzi è prioritario.
La loro domanda di un significato per la vita, resa ancora più acuta dalla stagione inquieta della pandemia, non può essere trascurata.
È urgente «perdere tempo» con loro e per loro.
Molti lo fanno, senza pubblicità, ma le necessità sono davvero tante.
Il dovere dell’ascolto si deve allargare poi anche all’apporto di idee e alle esigenze che provengono dai docenti e dalle famiglie.
Un secondo aspetto è quello della responsabilità.
In primo luogo ciò riguarda chi amministra la scuola, dal Governo nazionale agli enti locali. Ad essi, secondo le proprie competenze, è richiesto non di fare annunci, ma di dare indicazioni chiare, tempestive e realizzabili, accompagnate dalle risorse necessarie.
Alla scuola serve una visione responsabile sul suo futuro, in grado di affrontare le tante questioni irrisolte: la formazione e la selezione dei docenti; la dispersione scolastica; i locali inadeguati; gli investimenti; la valorizzazione dell’autonomia degli istituti; la libertà di scelta educativa dei genitori.
In una riapertura segnata dalla «convivenza» con il Covid-19, l’appello alla responsabilità riguarda anche l’osservanza delle norme di prevenzione del contagio da parte degli studenti, del personale e delle famiglie.
La terza parola è, forse, quella più decisiva: speranza. La riapertura delle scuole ne è un segno concreto.
Ritornare in aula, riprendendo la didattica basata sulla relazione viva, rappresenta una scommessa ragionevole sul presente e sul futuro dei ragazzi e quindi dell’intera società.
Nel tempo tormentato del Covid-19 è ancora più urgente aprire cammini di speranza attraverso l’educazione dei ragazzi.
È importante far risuonare ancora l’appello di papa Francesco ai docenti e agli studenti italiani: «Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!» (10 maggio 2014).
Il desiderio di vita dei ragazzi non deve rimanere senza risposta.
Don Roberto Piredda – Direttore Uff. diocesano Pastorale scolastica
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