Si recò al sepolcro e vide che la pietra era stata tolta

Pasqua di Resurrezione (Anno B)

Dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro.

Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.

Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti».

(Gv 20,1-9)

Commento a cura di Nolly Jose Kunnath

Con il capitolo 20 del Vangelo di Giovanni inizia quello che è chiamato comunemente il Ciclo Pasquale e che, sin dalle origini, ha costituito con la Passione un unico evento salvifico.

La voce narrante delimita la pericope indicando il nome completo di Maria di Màgdala all’inizio (v. 1) e alla fine (v. 18).

Il verbo vedere intesse l’intero racconto e, in un crescendo di senso e di finalità, domina la scena ricorrendo ben 7 volte, con tre sfumature differenti: da βλέπω (il vedere fisico), a θεωρέω (il vedere attento, scientifico), fino ad σράω (che è il vedere con gli occhi della fede).

Da questo uso attento dei verbi di visione, comprendiamo che i personaggi della sfera terrestre sono spinti dal narratore e accompagnano il lettore a volgere lo sguardo alla sfera celeste.

Maria di Màgdala vede (βλέπω) la pietra tolta dal sepolcro (v. 1).

Spaventata e trafelata, corre da Pietro e dal discepolo amato annunciando il trafugamento del corpo di Gesù.

Essi si mettono in cammino e corrono per andare a vedere cosa sia davvero successo.

Il discepolo amato, giunto per primo al sepolcro, si ferma all’esterno e di là, guardando all’interno, vede (βλέπω) i teli (v. 5).

Pietro, arrivando dopo, entra direttamente nel sepolcro e, osservando con accuratezza (θεωρέω) come e dove sono posti i teli e il sudario (vv. 6-7), registra un’assenza significativa: il corpo non c’è. 

Quando anche il discepolo amato entra nel sepolcro, il suo vedere cambia: ora egli vede (σράω) e crede (v. 8). Il vedere del discepolo amato è un’intuizione spirituale.

Ciò che il discepolo vede (σράω), lo osserva con gli occhi della fede.

Chi si sofferma sul Vangelo di Giovanni, nota la differenza tra la risurrezione del Signore e la rivitalizzazione di Lazzaro (Gv 11,1-44): quest’ultimo esce dal sepolcro e dall’esperienza della morte avvolto ancora con bende e un sudario, mentre il Nazareno ha lasciato i segni della morte vuoti nel sepolcro per entrare nella vita eterna con la risurrezione.

Chi guarda in modo affrettato e superficiale, non comprende molto; il guardare più attento di chi cerca di capire scientificamente, sebbene possa arrivare più lontano, non arriva alla piena comprensione.

Solo chi vede con gli occhi della fede coglie dai teli funebri vuoti l’annuncio della risurrezione.

Nel Vangelo di Giovanni l’essere testimone autentico non coincide con l’arrivare (per primo) al sepolcro e neppure con la capacità di osservare con attenzione gli eventi.

La testimonianza è, piuttosto, il frutto della capacità di attivare lo sguardo di fede (σράω) sugli eventi, la capacità di comprenderli da una prospettiva che nasce «dall’alto», dalla prospettiva di Dio (cf. Gv 3,16: «Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque creda in lui non muoia, ma abbia la vita eterna»).

I segni ambigui e l’assenza del Risorto invocano la libertà dell’uditore e del suo porre la fiducia nei testimoni che ci hanno trasmesso la fede con un racconto vivo e – stando alle loro parole – autentico, vero e degno di fede (cf. Gv 21,24-25), indicandoci una novità che sconvolge positivamente la vita.

Su questa nota, una Santa Pasqua a tutti!

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