Soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo»

Domenica di Pentecoste (Anno A)

Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 

Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.

E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».

Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

(Gv 20, 19-23)

Commento a cura di Rita Lai

Siamo ancora nel Cenacolo, nella stessa sera del giorno dopo il sabato, a porte chiuse: nella dimensione liturgica, sembra che il tempo non solo si sia fermato, ma sia tornato indietro, all’inizio.

Ma è veramente così?

Quel Cenacolo era diventato il simbolo del cuore impaurito dei discepoli: lì essi sono passati dalla paura alla speranza, ma come Tommaso, Maria e Pietro, senza contare tutti i dubbi degli altri, si sono dovuti volgere indietro, passare per le vie già percorse per arrivare a comprendere cosa sta succedendo. 

E ora Gesù entra di nuovo, attraverso le porte chiuse, sta in mezzo a loro e dona la pace.

La pace: che senso ha questo dono per i discepoli impauriti? Sarà una pace foriera di un nuovo inizio, come spesso capita nella logica del Vangelo e in particolare del Risorto? 

Egli ha molte consegne da fare ai discepoli: le ferite delle mani e del fianco, segni della Passione, non aboliti nella condizione di Risorto, la gioia che nasce nel cuore dei discepoli nel vedere il Signore.

E poi ancora la pace, per la seconda volta con l’aggiunta: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 

L’invio per una missione arriva dopo il dono della pace. I discepoli sono inseriti in una logica che oserei definire divina: sono mandati, come il Padre ha mandato il Figlio. 

La chiamata alla missione è direttamente discendente dalla missione che il Figlio ha avuto dal Padre.

Subito dopo arriva il dono dello Spirito, attraverso il respiro stesso del Signore, come in Genesi, a significare quasi una nuova creazione, e poi il grande dono del perdono che i discepoli devono amministrare e che quindi viene affidato loro. 

Lo Spirito più volte promesso dal Risorto ora viene dato ai discepoli. Egli insegnerà ogni cosa ricordando tutto ciò che Gesù ha detto (14,26), dando testimonianza del Cristo (15,26).

Spirito di verità, li guiderà a tutta la verità (16, 13), quella verità che conosceranno e li farà liberi (8,32). 

Lo Spirito non è uno che parla da sé e di sé, ma uno che annuncia ciò che ha udito e annunzierà le cose future.

Egli renderà gloria al Figlio perché prenderà del Figlio e l’annunzierà. 

E facendo questo attingerà insieme dal Padre e dal Figlio (16,13-15). 

Lo Spirito Consolatore è mandato perché rimanga sempre con voi e i discepoli lo conoscono, perché Egli dimora presso di loro ed è in loro. (14,15-17): con l’esperienza della morte e risurrezione di Gesù, i discepoli potranno comprendere il senso di tutto ciò che hanno vissuto, di ogni fallimento, di ogni morte, di ogni assenza.

Gesù elenca, a varie riprese, le azioni dello Spirito: tutte mirano a rinfrescare, comunicare, confermare e rafforzare l’opera e il messaggio del Figlio. 

Lo Spirito è davvero un altro Consolatore.

Quella storia che sembrava finita ora riparte con lo Spirito, inviato dal Padre e dal Figlio. 

Il discepolo deve ricordare tutto ciò che il Figlio ha detto, riportarlo alla memoria, ri -vivere quella libertà che nasce dalla verità tutta intera, quella verità che caratterizza il discepolo a 360 gradi, che non ha lacune di memoria o vuoti da riempire.

Ha solo una fragilità dolorosa che può sanare solo ri – percorrendo la sua storia col Cristo: nell’assenza sta il mistero della presenza dello Spirito chiamato a stare, a rimanere per sempre col discepolo. 

È il cammino proposto in queste domeniche: rileggendo i cosiddetti discorsi d’addio (Gv 13-17) possiamo comprendere la strada che abbiamo appena percorsa e capirne il senso e la direzione, per percorrerla con coraggio, lasciandoci finalmente alle spalle il cenacolo chiuso delle paure. 

Per sempre e senza alcun rimpianto.

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