Dall’incidente di Casal Palocco alla tragedia nel mare Egeo
Troppa indifferenza per la vita altrui.
Un virus più nocivo del Covid si è oramai insinuato sulle nostre coscienze: è l’indifferenza, per tutto e tutti, compresa la vita degli altri.
In questi giorni è in primo piano l’incidente stradale alle porte di Roma, che ha provocato la morte di un bimbo di 5 anni e il ferimento della mamma e della sorellina.
A provocarlo è stata l’auto di grossa cilindrata, guidata da un 20enne, con a bordo altri 4 giovani intenti a realizzare un video sui social.
Al momento gli inquirenti stanno svolgendo le indagini, anche se dai primi accertamenti ci sarebbero gravi responsabilità del giovane autista.
Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, nel napoletano, commentando questo fatto sulle pagine del quotidiano «Avvenire», ha ricordato che «non esistono diritti individuali qualora dovessero offendere, maltrattare, calpestare i diritti degli altri».
Il punto è proprio qui: il confine tra l’«Io» e il «Noi».
L’asticella è stata spostata molto in avanti, con le rivendicazioni personali che hanno sempre e comunque maggiore valenza di quelle altrui.
Uno dei frutti di questo atteggiamento è maturato nella tragedia di Casal Palocco, dove la brama di emergere a tutti costi, di avere più visualizzazioni delle proprie «imprese», vale più della vita di chi percorre la tua stessa strada.
Un’indifferenza che non può essere solo attribuita a chi ha materialmente compiuto quel gesto ma che « ci interroga – scrive ancora don Patriciello – su cosa non abbia funzionato nel processo educativo», anche perché l’episodio di Roma è solo uno dei tanti nei quali emerge la mancanza di rispetto per la vita degli altri.
Dello stesso tenore, se pur con qualche distinguo, è quanto accaduto nel mar Egeo, in Grecia, dove un peschereccio con centinaia di persone, molti i bambini e le donne, si è rovesciato con il suo carico di dolore e vite umane, provocando una delle più grandi tragedie del Mediterraneo.
Dopo i fatti di Cutro, in Calabria, c’eravamo illusi che le coscienze avrebbero avuto un sussulto di dignità. Invece, a leggere la vicenda dei giorni scorsi in Grecia, arriva la conferma di come si sia perso il senso della vita.
I medici greci, che hanno in cura i superstiti, continuano a raccogliere richieste degli adulti che domandano notizie sui bambini: oltre un centinaio stipati nella stiva dell’imbarcazione, dove da due giorni non avevano acqua per bere e dove, quasi certamente, hanno trovato la morte.
Eppure la autorità greche avevano ricevuto l’allarme sulle precarie condizioni del peschereccio ma non sarebbero intervenute.
Ci sono molte analogie su quanto accaduto a febbraio nel mare Ionio, a Cutro, e su questo sta indagando a magistratura.
In entrambi i casi, quello calabro e quello greco, si può parlare di indifferenza, perché non raccogliere un allarme di un’imbarcazione così come non intervenire per evitare morti e disperazione, è indice di indifferenza, frutto anche di indegne campagne denigratorie contro chi arriva dal mare.
A Quartu martedì scorso, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, è stato possibile ascoltare la voce di chi, fuggito da guerra e fame, è stato aiutato, si è integrato e oggi partecipa alla crescita economica e sociale della Sardegna.
Di questi fatti però nulla o quasi appare sui principali organi di informazione: il fenomeno migratorio continua ad essere narrato in forma emergenziale ma si tratta di una lettura distorta, come testimoniato dall’incontro a Quartu.
Troppa indifferenza per la vita altrui.
Roberto Comparetti
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