Tutti mangiarono e portarono via i pezzi avanzati XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, avendo udito della morte di Giovanni Battista, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.

Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città.

Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare».

Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».

E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene.

Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

(Mt 14, 13-21)

Commento a cura di Fabrizio Demelas

Dopo le parabole con cui ha rivelato il regno dei cieli come una realtà da costruire qui e ora, Gesù aiuta i discepoli a confrontarsi con la vita di tutti i giorni. Gesù, infatti, conosce bene quali sono le reazioni davanti alle sue parole: «Sì, ma nella vita serve altro…».

Ecco, allora, che Gesù mette i discepoli, e noi con loro, davanti a un caso concreto: procurare da mangiare.

La reazione dei discepoli, «Congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare», ha lo stesso senso di tanti nostri commenti di fronte alla proposta del regno dei cieli: proposta valida, certo, ma bisogna restare con i piedi per terra. Non a caso, però, Gesù replica: «Voi stessi date loro da mangiare».

Con queste parole, Gesù accetta la sfida del quotidiano: la proposta del regno dei cieli è per la vita di oggi, ma richiede una fede che sia capace di affrontare la sfida del mondo, della cultura, della società.

«Voi stessi date loro da mangiare»: la nostra fede deve calarsi al livello di questo problema e deve farsene carico.

Ne va del regno dei cieli.

Tocca a noi.

Che cosa dobbiamo fare? «Il regno dei cieli è simile a…», aveva detto Gesù. Simile a tante cose, ma non a noi, gli rispondiamo. Noi ci sentiamo disorientati, come quei discepoli.

Noi, di solito teniamo ben separate la fede, da una parte, e i problemi concreti, dall’altra.

Ma la frase di Gesù è perentoria e non ammette scappatoie: «Voi stessi date loro da mangiare».

E, raccolti pochi pani e due pesci, li dà ai suoi da distribuire a così tanta gente. E i pani si moltiplicano, fino ad avanzarne.

Era Gesù, lo ha fatto perché era lui, con il suo potere straordinario.

Ma allora, perché ha insegnato una cosa del genere, ai discepoli e a noi? Forse non abbiamo afferrato qualche particolare del racconto di Matteo.

Riprendiamo le parole dell’evangelista: «Voi stessi date loro da mangiare».

Ecco, ognuno di noi è pronto ad ascoltare Gesù con un sincero atteggiamento di fede. «Portatemeli qui»: come i discepoli con quel poco cibo, siamo pronti a seguire gli insegnamenti del vangelo.

Gesù prosegue prendendo in mano i pani e dicendo… No, un attimo: «Alzò gli occhi al cielo».

Questo particolare era sfuggito. «Alzò gli occhi al cielo»: lo dicono anche Marco e Luca, quando narrano la stessa scena e, più o meno così, lo dice Giovanni prima di raccontare un gesto ancora più eclatante, la risurrezione di Lazzaro. «Alzò gli occhi al cielo»: noi guardavamo il pane. «Alzò gli occhi al cielo» è il segreto di tutta l’operazione.

Torniamo alle domeniche scorse, e rivediamo il seminatore, il granello di senape, il lievito della massaia, il tesoro nel campo e la perla preziosa.

Per costruire e vivere il regno dei cieli bisogna ricordarsi della prima cosa da fare, senza la quale nulla può accadere: alzare gli occhi al cielo.

Il «cielo» è un modo semitico per non pronunciare il nome di Dio.

Alzare gli occhi al cielo significa rivolgersi al Padre e incrociare il Suo sguardo, vivere fino in fondo la relazione profonda con Lui, la relazione di figli con il Padre.

Così si costruisce il regno, così si diventa capaci di dare agli altri quello che a loro serve per la vita.

Non pane e pesce, ma un senso per cui viverla.

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