Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.
Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Da questo numero sarà fra Luca Fuso, dei Frati minori di Sardegna, a commentare il Vangelo. Il grazie a don Diego Zanda per il servizio reso nelle ultime settimane.
Commento a cura di Luca Fuso
Il Vangelo proposto dalla liturgia in questa domenica, inizio del Tempo di Avvento, è tratto dall’ultimo dei cinque discorsi di Gesù che scandiscono il Vangelo di Matteo, che ci accompagnerà per tutto l’Anno Liturgico.
Con quali sentimenti affrontare questa nuova opportunità di conversione?
Ci viene incontro la grande poetessa americana Emily Dickinson che così scriveva: «Non sapendo quando l’Alba verrà, Apro tutte le Porte».
Due infatti sono i caratteri essenziali dell’Avvento che corrispondono a due modi di agire, uno passivo ed uno attivo: passivo per non opporre resistenze al Signore che viene; attivo per non aspettare apaticamente, ma ad-tendere, cioè essere pro-tesi, tendere verso di Lui.
Gesù parlando della sua venuta ci suggerisce di confrontarci con Noè e i suoi contemporanei, per non lasciarsi «sequestrare» dalle cose di questo mondo che hanno un termine e rimanere in atteggiamento di vigilanza, attitudine che non si improvvisa e che richiede tempo, come per costruire un’arca.
Noè obbedendo alla Parola di Dio prepara davanti a tutti un’arca sulla terra ferma lontano dal mare, in Medio Oriente dove il clima generalmente è piuttosto arido, magari inondato dalla derisione degli astanti.
Fuori metafora occorre costruire l’arca, cioè dare tempo al Signore partecipando alla liturgia, alle catechesi dove si annuncia la sua Parola, all’esercizio della carità verso i fratelli, per accorgersi della tragedia imminente che ci sovrasta, quando si è ancora in tempo.
Non è vero che c’è sempre tempo per ogni cosa: «Due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata».
Ci sono cose che restano qui, scelte che non portano da nessuna parte. C’è chi vive credendo di non morire mai, assolutizzando l’oggi con i suoi problemi ed ansie, cercando di divertirsi, cioè distogliendo la propria attenzione «ad altro» per non pensare al dolore, alla propria fine, ma soprattutto al proprio destino eterno: «Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà».
Secondo un midrash rabbinico, «Noè era stato avvisato con molto anticipo del diluvio incombente, in modo da dare ai suoi contemporanei la possibilità di convertirsi e mettersi in salvo».
Il Signore ci invita ogni giorno a preparare quest’arca che è la Chiesa, posta nel mondo come un segno di contraddizione, i cui figli non temono la morte, perché hanno dentro la vita che non muore.
Nulla li sorprende, perché nulla è improvviso per chi ha la certezza che neanche la più grande sofferenza, il fallimento più atroce, potrà separarli dall’amore di Dio «rivelato» in Cristo Gesù (Rm 8,35-39).
L’Avvento ci fa questo servizio: ci insegna a vivere per l’ultimo giorno, per ciò che è eterno.
I rabbini dicono che bisogna convertirsi almeno un giorno prima di morire, ma dato che non sappiamo quando ciò avverrà, ogni giorno è buono per convertirsi.
Bisogna prepararsi alle cose secondo un’altra prospettiva, secondo l’esito delle cose, la loro finalità!
Val la pena chiedersi: «Ma se questo fosse l’ultimo giorno della vita mia come lo vivrei? Negherei ancora la parola e il perdono a mio fratello che mi ha rubato quel terreno che era parte della mia eredità? Quali ultime parole lascerei a quelli che amo?».
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