Inizia il suo servizio come Preside della Facoltà, con quale sensazioni e quali aspirazioni?
Sebbene sia consapevole del peso, delle difficoltà e della complessità più accentuate oggi che alcuni decenni fa attinenti all’incarico di Preside, sono realmente sereno. Ho accolto la nomina non soltanto come richiesta di un servizio qualificato, ma come conferimento di una missione, intesa nel suo senso teologico. Nell’adempimento del mio mandato mi impegnerò perciò anzitutto da sacerdote, da gesuita formato e chiamato a cercare Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio. Qualcuno potrebbe rimanere insoddisfatto o perplesso per questa affermazione, ravvisandovi una connotazione spiritualista e non accademica. Un incarico di tre anni (tanto dura la nomina) non sospende l’identità profonda, sicché l’aspirazione principale sarà integrare l’ufficio di presidenza nel ministero presbiterale. È chiaro che questo non basta, ma lo ritengo il presupposto necessario perché possa adempiere il mio dovere principale di dirigere la Facoltà teologica promuovendone l’unità, la collaborazione ed il progresso.
La Facoltà è riferimento non solo per gli studi teologici ma anche nel panorama culturale sardo. Come continuare su questo percorso?
La sua domanda si riferisce a un compito complesso e articolato. Esso si affronta con competenza e con coraggio grazie all’apporto flessibile e differenziato del corpo docente e mediante una collaborazione costante e fattiva con le iniziative culturali e di evangelizzazione delle singole diocesi. Nell’immediato, sul piano della concretezza, inizierei con la verifica rigorosa e completa di quanto è stato già fatto e di quanto si dovrebbe fare, considerando i cambiamenti in atto, per attuare pienamente l’orientamento autorevole del Concilio plenario sardo: «La Pontificia facoltà teologica della Sardegna è tra le più qualificate istituzioni della Chiesa per l’evangelizzazione della cultura nella nostra Regione. La comunità cristiana deve garantirle i mezzi, le strutture e, soprattutto, le persone dedite allo studio e alla ricerca teologica a tempo pieno, perché possa continuare e intensificare un dialogo efficace con la cultura universitaria ed essere un centro di ricerca delle vie di evangelizzazione dell’attuale società» (n. 88).
La cultura dominante sembra voler relegare i temi della fede all’angolo. La Facoltà può essere una presenza capace di confermare quanto quei temi siano fondamentali, non solo per chi crede?
Il 22 settembre di tre anni fa, in un clima di grande e sincero entusiasmo, papa Francesco ha incontrato il mondo della cultura. Nell’Aula magna della Facoltà, alla presenza del nostro preside e dei rettori delle due università della Sardegna, egli ha espresso il suo compiacimento per la collaborazione delle tre istituzioni e ci ha fatto dono di un discorso che forse, come Facoltà teologica, non abbiamo valorizzato abbastanza. Il Papa ci invitava a non cedere alla disillusione e alla rassegnazione, bensì a cercare nella «crisi di “cambio di epoca”» le opportunità che alimentano la speranza. Ci indicava poi in tre punti la via concreta per proseguire il dialogo fede-ragione: il discernimento o la lettura della realtà scevra da ideologie, l’elaborazione di una cultura della vicinanza e della prossimità, la formazione alla solidarietà. Su questa strada, nello stile determinato dai tre punti indicati e con riferimento alla realtà e ai valori e disvalori che la determinano, può aprirsi per noi l’opportunità di mostrare la ragionevolezza della fede e la sua sapienza, che non è di questo mondo. La ricerca del dialogo e la declinazione culturale dell’annuncio evangelico, infatti, mirano alla convergenza operosa tra gli uomini e all’arricchimento e alla purificazione del vissuto dei credenti, ma non dimenticano l’esigenza, insita nella fede in Cristo Signore, di chiare e franche prese di posizione laddove si vuole prescindere da Dio, e da Dio rivelato nel Figlio suo Gesù.
Roberto Comparetti
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