Lo scorso 13 maggio, il Santo Padre Francesco ha diffuso il messaggio pastorale in previsione della 106ma giornata mondiale del «Migrante» e del «Rifugiato», indetta per il 27 settembre.
Il messaggio ha come titolo «Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni».
Per comprendere il senso del messaggio è necessario contestualizzarne il contenuto, sotto il profilo socio-giuridico.
La conoscenza, infatti, è la pre-condizione indispensabile per comprendere un fatto o una vicenda e le relative implicazioni («Conoscere e comprendere»).
Questo principio vale anche per il fenomeno migratorio: occorre, quindi, fare chiarezza sul tema trattato, per poterlo affrontare con avvedutezza e cognizione di causa e porre le premesse per approntare i rimedi necessari.
Spesso, infatti, vengono usati in maniera indifferenziata i termini «migrante», «migrante interno», «migrante economico», «migrante forzato», «migrante ambientale», «profugo», «profugo internazionale», «profugo interno», «sfollato», «rifugiato», erroneamente ritenuti mutuabili ed interscambiabili, anche perché il diritto internazionale non offre ancora, purtroppo, una definizione univoca.
La questione non è di poco conto: creare una categoria giuridica internazionale significherebbe concordare sulla terminologia, concordare sulle cause e sugli effetti e, quindi, decidere chi proteggere e chi escludere, chi accogliere e chi respingere; in una parola, riconoscere un fenomeno in atto e trovare delle soluzioni legislative a livello mondiale.
Per il solo termine «migrante», esistono diverse varianti che indicano fattispecie diverse.
«Migrante» è il termine viene spesso utilizzato nella sua accezione letterale generica di «persona che lascia un Stato per insediarsi in via permanente in un altro», distinguendosi dal «nomade», che si muove con una certa frequenza da un luogo all’altro, senza alcuna intenzione di restarvi stabilmente. Il «Migrante interno» è relativo a chi si sposta permanentemente da una zona all’altra, restando però sempre all’interno di uno stesso Stato. Il «Migrante economico» detto di persona che si è spostata dal suo paese di origine per migliorare le sue condizioni di vita, cercando un lavoro.
Il «Migrante forzato» riguarda una persona sposatasi per una minaccia alla propria sopravvivenza, una categoria di migrante ancora oggi non riconosciuta internazionalmente.
Infine il «Migrante ambientale» è un particolare tipo di migrante forzato, che contrassegna chi è costretto a migrare a causa delle disastrose conseguenze del cambiamento climatico, che in alcune aree geografiche sta provocando il deterioramento e la distruzione dell’ambiente. Altri due termini, «Profugo» e «Rifugiato», vanno necessariamente meglio compresi. Il primo identifica l’individuo costretto a scappare dalla propria residenza per ragioni di sopravvivenza, a causa di guerre o conflitti, per recarsi altrove: se lo spostamento avviene in altra Nazione, si ha il «Profugo internazionale», se invece avviene da una zona all’altra del medesimo Stato, si ha il «Profugo interno» o «Sfollato».
Quanto poi al «Rifugiato» è colui che, essendo scappato dal proprio Paese per cercare protezione in un altro, chiede e trova protezione, nei casi previsti da apposito Statuto, da parte dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite.
Come si vede, ci troviamo di fronte ad una panoramica migratoria variegata ed allarmante, anche per il progressivo inaridimento socio-politico del sistema di protezione dei diritti umani, compreso il diritto di asilo, sviluppatosi negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, soprattutto in quell’Europa che sembra oggi orientata ad erigere barriere sempre più rigide, candidandosi a diventare una fortezza.
Le situazioni migratorie fin qui esposte presentano un denominatore comune: il disagio, più o meno grave, di chi li subisce.
Il fenomeno migratorio appare destinato a rompere i delicati equilibri dell’assetto geo-politico internazionale: governarlo con sapiente lungimiranza, abbandonando ogni miope egoismo, è il solo modo per scongiurare una prevedibile catastrofe planetaria; e questo, a prescindere da considerazioni meramente umanitarie.
Padre Stefano Messina – Direttore Ufficio diocesano Migrantes
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