Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli

Ascensione del Signore (Anno A)

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Quando lo videro, si prostrarono.

Essi però dubitarono.

Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

(Mt 28, 16-20)

Commento a cura di Rita Lai

Siamo arrivati alla grande partenza accuratamente preparata da Gesù, anche nel Vangelo della scorsa domenica, quando predisponeva i discepoli alla sua assenza. 

Nella versione matteana il discorso con cui Gesù accompagna di fatto la sua imminente dipartita dai discepoli è molto breve, ma ricco di suggestioni.

Il significato vero della festa dell’Ascensione è raccolto tutto nella parola stessa ascensione che spiega il rientro del Signore nel luogo da cui era venuto, portandosi dietro e dentro non solo la sua ma anche la nostra umanità.

Uomini di Galilea, perché fissate nel cielo lo sguardo?

Come l’avete visto salire al cielo, così il Signore ritornerà recita l’antifona d’ingresso di oggi, a conferma di quanto sostenuto.

Vediamo alcune suggestioni evocate dalla breve pericope matteana.

Prima suggestione: il dubbio dei discepoli

Vanno in Galilea, all’appuntamento stabilito da Gesù, si prostrano davanti a lui, eppure dubitano.

Alla fine del tempo degli incontri continui e ripetuti con Gesù Risorto, alla fine del vangelo di Matteo, i discepoli ancora dubitano.

Non c’è parola o evento che li possa convincere. Anche se uno risuscitasse dai morti non crederebbero dice Mosè in Lc 16, 31, al ricco che gli chiede di avvisare i suoi fratelli.

Drammaticamente vero.

Cosa può far convertire i discepoli se non la Parola e il fatto che la attesta?

È sempre questione di fede: presente o assente, a seconda dei casi.

Seconda suggestione: un annuncio che si deve fare, un ministero che si deve esercitare.

In forza di un potere onnicomprensivo che Gesù, Signore del mondo, ha acquisito a prezzo del suo sangue, i discepoli devono vivere fino in fondo la forza dell’annuncio: devono essere capaci di proclamare ciò che hanno visto e udito, e potranno farlo solo con la forza dello Spirito, il cui arrivo Gesù ha lasciato loro come una promessa.

Lo Spirito sarà la loro forza e spargeranno l’evangelo della salvezza battezzando, cioè immergendo le genti nel mistero pasquale del Figlio, vissuto e condiviso col Padre e lo Spirito.

Una tale energia coglie impreparati i discepoli: essi stanno a guardare il cielo, sentono tutta la forza di una mancanza che si sta per verificare, ma vivono anche l’incapacità di misurare quello che hanno sperimentato, tutti gli eventi che hanno condiviso con Gesù.

Questo il compito del discepolo: non solo sentire una presenza, ma anche annunciarla, testimoniare un incontro che continua oggi nella vita in ogni passaggio, quello di Cristo nella sua umanità, che non è stato senza tracce e senza storia.

Come le piaghe di Cristo per Tommaso, come le parole di Gesù per Pietro, come l’amore personale di Gesù per Giovanni: ognuno di noi si porta dentro i segni del passaggio di Gesù nella propria vita, nella propria storia e nel proprio cuore.

Basta solo scoprirli, lasciarli parlare e portare frutto.

Terza suggestione: una assenza che è presenza

Con lo sguardo fisso al cielo, metafora che dice il cercare il Signore, ci chiediamo: siamo al punto finale della avventura terrena di Gesù?

Egli davvero ha terminato il suo stare tra e con noi?

Ed ecco la risposta di Gesù: Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

La sua è dunque un’assenza che in realtà è presenza: una presenza con noi tutti i giorni per sempre.

Riecheggia il non vi lascerò orfani (Cf. Gv 14, 18) di domenica scorsa.

Una promessa che è mantenuta. 

Quarta suggestione: la speranza

Il Signore tornerà. Il viaggio non è finito, l’avventura non è terminata.

La nostra umanità è stata rivestita per sempre dal Figlio di Dio e assunta con lui in cielo nel momento dell’Ascensione.

Per sempre le distanze sono state accorciate, per sempre il santuario, la casa di Dio non è chiusa (posto che sia stata mai chiusa!) per noi.

In Cristo le porte sono aperte, e noi possiamo entrare.

A pieno titolo di figli.

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