Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.

Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.

Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete, perché riderete.

Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo.

Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.

Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.

Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

(Lc 6,17.20-26)

Commento a cura di Roberto Piredda

Se il Regno di Dio è arrivato davvero allora tutto cambia. Le Beatitudini sono l’annuncio che questa novità è entrata nella storia per mezzo di Gesù.

Nella folla dei discepoli ci sono poveri, affamati, afflitti e disprezzati.

Per loro c’è un annuncio di «beatitudine», cioè di una felicità «affidabile», perché fondata non su qualche promessa umana di semplice riscatto sociale, per quanto questo possa essere importante e necessario, ma sulla novità del Regno di Dio. 

Gesù non dichiara che la condizione di chi soffre sia buona in sé, quasi fosse la situazione ideale per accogliere il Regno.

Egli annuncia invece un rovesciamento dei valori, da quelli del «mondo» a quelli di Dio.

Beati voi poveri.

Quanti, secondo i criteri del successo mondano, vengono considerati perdenti, agli occhi di Dio sono amati e preziosi. Ad essi appartiene il suo Regno.

Per loro l’ultima parola non sarà quella dell’esclusione e dell’umiliazione, ma della salvezza.

Tutto ciò fa risaltare ancora di più l’ingiustizia e la chiusura di cuore di chi emargina e opprime quanti sono considerati «ultimi».

L’annuncio di salvezza destinato ai poveri appare ancora più chiaro guardando alla serie di «guai» che vengono rivolti ai ricchi, ai sazi e ai gaudenti.

Si tratta di coloro che si illudono delle proprie sicurezze, ritenendo di poter bastare a sé stessi. 

Essi, invece, hanno già ricevuto la loro «consolazione» (v. 24), non possono attendere o sperare più nulla. 

Le Beatitudini, afferma papa Francesco nell’esortazione apostolica «Gaudete et exsultate» (2018), sono la «carta d’identità del cristiano», in esse «si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita» (n. 63). 

Vivere le Beatitudini significa quindi imitare Cristo stesso, che le ha incarnate nella sua vita.

Beati voi poveri.

Egli ha sperimentato la povertà, l’afflizione, la persecuzione e ha cercato, amato, servito, quanti si trovavano in situazioni di sofferenza e abbandono. 

Per chi vuole seguire Gesù è necessario cogliere che «le Beatitudini sono la trasposizione della croce e della risurrezione nell’esistenza dei discepoli» (Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, «Gesù di Nazareth», 2007, pag. 97). 

L’uomo non si salva da solo, né può accontentarsi di qualche misera consolazione mondana.

Se prestiamo ascolto alle esigenze profonde del nostro cuore ci accorgiamo di essere animati da un desiderio di amore, verità, giustizia, che può trovare pieno compimento solo nell’apertura verso Dio. 

Dentro questa prospettiva è possibile scoprire anche un nuovo sguardo sul mondo e la vita.

Si tratta di scegliere da che parte stare: con i «poveri» per il Regno di Dio o con i «ricchi» per una felicità effimera e senza fondamento. 

Questo si riflette nella vita reale, dove lo spirito delle Beatitudini va tradotto nella carità operosa.

Il cristiano è chiamato ad avere verso chi soffre lo stesso sguardo di Gesù, condividendo fatiche e speranze, aprendosi all’ascolto e al servizio concreto.

Si è davvero «beati», cioè con una vita realmente felice e compiuta, solo nell’amore che unisce Dio e i fratelli che incontriamo sul nostro cammino.

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