Una riflessione sul Messaggio della Giornata mondiale del Malato
Quale è, per eccellenza, il nome di Dio?
Sarebbe interessante rivolgere questa domanda alle persone che incontriamo nelle nostre chiese e nelle nostre strade.
Rivolgerle al clero e ai laici, agli adulti e ai giovani, a chi gioisce e a chi soffre.
Quali risposte?
Impossibile avventurarsi in previsioni di questo tipo, «quot homines tot sententiae».
Di una cosa però sono sicuro, ben poche tra le persone intervistate risponderebbero: «La misericordia, è per eccellenza il nome di Dio».
È quanto afferma papa Francesco nel messaggio per la XXX Giornata Mondiale del Malato, caratterizzata dall’esortazione evangelica «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).
Nessun problema nell’accogliere questa esortazione evangelica, ovviamente con la consapevolezza delle difficoltà nel passaggio dall’accoglienza alla testimonianza.
Notevole l’interesse, talvolta l’entusiasmo, nell’ascoltare e meditare la Parola di Gesù che proclama«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).
Definire però la misericordia «supremo nome di Dio» non è frequente nell’esperienza dell’uomo e del cristiano.
In quanto all’accostamento del valore evangelico della misericordia all’esperienza della malattia, di chi soffre e di chi cura, di chi giace su un letto e di chi si china su di lui, ritengo sia affermazione più unica che rara nei nostri discorsi, ivi comprese le roboanti elucubrazioni dei grandi pensatori.
«Misericordia/Peccato»: un binomio da non dimenticare. «Misericordia/Malattia»: un binomio da scoprire.
Numerosi i riferimenti evangelici sui quali ritornare, ritorno non dissimile a quello del figlio morto e perduto, verso la casa del Padre Misericordioso (Lc 15,11-32).
Tra i numerosi ritorni evangelici, due mi sembrano quanto mai opportuni, forse perché diametralmente opposti.
Un raggio di luce, nelle parole rivolte da Gesù al paralitico: «Coraggio figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (Mt 9,2).
Una zona d’ombra, nelle parole rivolte a Gesù dai suoi discepoli alla presenza del cieco nato: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?» (Gv 9,2).
Gesù è operatore di misericordia.
Testimone delle Beatitudini con il perdono dei peccati, seguito dalla guarigione dalla malattia ma soprattutto preceduto dalla volontà di incontrare il malato, persona da amare, prima che peccatore da perdonare e infermo da guarire.
I discepoli di Gesù, nello specifico episodio, non sono operatori di misericordia.
Vorrebbero capire, non lo fanno nel modo giusto ma soprattutto si limitano a un tentativo di comprensione, prescindendo dall’incontro col malato, dal dialogo, dal sostegno, dalla condivisione.
«Siate misericordiosi» significa… amate, per amore cercate, incontrate, dialogate, sostenete.
Nella malattia c’è una verità da cercare, allora nel dialogo di persona con Gesù, oggi in un articolato progetto sanitario che include diagnosi, prognosi, intervento, terapia.
Al centro del progetto, la malattia a o il malato?
Nel primo caso abbiamo il prezioso ma non sufficiente impegno professionale, nel secondo l’azione di misericordia, in Cristo Redentore. «Misericordia e Redenzione», valori evangelici, misteri della fede nobilitati delle prime due encicliche del Santo Papa Giovanni Paolo II: «Redemptor Hominis» (1979), «Dives in Misericordia» (1980).
Nelle due encicliche i fondamenti del pontificato che ha segnato il vero inizio della Pastorale della Salute. Il preludio di due storici doni alla Chiesa e all’umanità: il primo la Lettera apostolica «Salvici Doloris» (11-05-1984, il secondo l’Istituzione della Giornata Mondiale del Malato (13-05-1992).
Don Marcello Contu – Direttore Ufficio dioc. di Pastorale della Salute
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