Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.
Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Commento a cura di Davide Meloni
Quando i primi cristiani annunciavano a tutti che il vero e unico Signore della vita era Gesù Cristo crocifisso e risorto erano ben consapevoli della portata rivoluzionaria di questo annuncio.
Se lui era il Signore allora cominciava la liberazione da tutti quei signori che spadroneggiano sulla vita delle persone.
Per farci capire la differenza tra Gesù e i signori di questo mondo, il Vangelo di questa IV domenica di Pasqua usa il paragone del pastore e delle pecore.
Gesù non è come i falsi pastori, i cattivi pastori, cioè le persone che vogliono spadroneggiare invece che servire.
Capita ovunque ci sia in ballo il potere: si finge interesse per le persone, si fa credere di essere al servizio del prossimo, ma in realtà si usano gli altri come strumento per il proprio potere e come specchio per la propria vanità.
Salvo poi abbandonarli a loro stessi quando non sono più funzionali al proprio progetto.
Gesù ha parole durissime per questi falsi pastori: li chiama ladri, briganti, estranei.
Lui invece e il pastore buono. «Egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome». Ci chiama per nome. Per Gesù non siamo una massa indistinta di persone. Ci conosce in profondità, più di quanto noi conosciamo noi stessi. Ha tenerezza e stima per ognuno, ha passione per la felicità di ciascuno. «Le conduce fuori».
Questo movimento verso l’esterno dà l’idea di un condurre da uno spazio chiuso a uno spazio aperto.
È una liberazione, un passaggio alla vita vera. «Cammina avanti ad esse». Gesù cammina avanti a noi.
Questo deve darci conforto, perché nelle vicende della storia, sia personale che collettiva, spesso facciamo fatica a intravedere un senso, una direzione.
La realtà ci risulta enigmatica.
Sapere che Cristo c’è, è presente, cammina avanti a noi e sa dove condurci deve dare conforto alla nostra vita.
Riconoscendo tutto questo «le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce».
Tra le tante voci che echeggiano nelle nostre giornate dobbiamo imparare a riconoscere la sua voce che ci chiama per nome, ci parla, ci indica ogni giorno la via della vita, la via del bene, ci guida nelle scelte che facciamo, ci introduce in quella novità di vita che lui ha chiamato “Regno di Dio”.
Cristo ci chiama per nome, ci conduce in uno spazio aperto, ci libera dalle nostre prigioni, cammina con noi e avanti a noi.
Tutto questo corrisponde alle nostre attese più profonde, al nostro desiderio di pienezza di vita.
E allora è profondamente ragionevole seguirlo, essere le sue pecore, il suo gregge.
Essere pecore qui non è sinonimo di “obbedire a qualcuno senza pensare” ma, al contrario, seguire uno perché riconosciamo con tutto noi stessi che è giusto seguirlo, che ci conviene seguirlo se vogliamo essere felici.
Ecco, si segue Gesù perché Gesù libera, perché si riconosce in lui la risposta alle attese più profonde del cuore.
Questa è l’esperienza che hanno fatto i primi discepoli.
Ed è l’esperienza che facciamo anche noi che lo incontriamo dopo duemila anni: una corrispondenza alle esigenze del nostro cuore, per cui aderire a lui, ascoltare la sua voce e seguirlo è ciò che ci rende uomini e donne veramente liberi.
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