«I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale».
È uno dei passaggi della nota con la quale, domenica sera, la Conferenza episcopale italiana ha espresso il suo disappunto dopo la decisione del Governo di non consentire la celebrazione della Messa con il popolo e di autorizzare solo la celebrazione dei funerali all’aperto con massimo 15 persone, dotate di dispositivi di protezione individuale (guanti e mascherine), e a distanza di sicurezza.
Le presunte aperture del Governo emerse il 23 aprile nell’intervista al quotidiano «Avvenire» del ministro dell’Interno, Lamorgese, non si sono realizzate.
«Nel corso di un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della Cei, il Ministero dell’interno e la stessa Presidenza del Consiglio – si legge ancora nella nota – la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria e più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale».
Poco dopo la nota della Cei, il Governo ha assicurato che un impegno a trovare protocolli per celebrare in sicurezza sarebbe stato messo in agenda.
Intanto prosegue il prolungamento del digiuno eucaristico, superabile anche attraverso alcuni accorgimenti, mentre occorre prevenire gli abusi, come quello perpetuato nel cremonese, dove le forze dell’ordine hanno interrotto una Messa per comminare una sanzione amministrativa.
La libertà di culto è una delle più importanti libertà costituzionali, che deve certamente essere conciliata con altri diritti egualmente garantiti, ma secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità.
Occorreva discutere delle procedure e dei protocolli per assicurare la distanza di sicurezza tra i fedeli durante la preghiera individuale e le funzioni liturgiche e dell’igiene degli ambienti, invece che decidere in modo unilaterale la sospensione delle cerimonie.
Non si comprende la ragionevolezza della restrizione: se è consentito a certe condizioni l’accesso nelle chiese e la preghiera individuale, perché non permettere alle stesse condizioni la celebrazione delle funzioni religiose?
Può lo Stato imporre che la preghiera nelle chiese debba essere solo individuale?
Il rischio è che venga disciplinato l’esercizio del culto pubblico (che il Concordato affida alla competenza della Chiesa cattolica) in modo irragionevolmente diverso da quanto previsto per gli altri ambiti della vita sociale.
Meglio sarebbe stato percorrere tutte le strade che il dialogo con la Chiesa avrebbe consentito di individuare.
Sono diverse, infatti, le soluzioni praticabili, con i parroci che, in molti casi, avevano già previsto di contingentare la presenza dei fedeli nelle parrocchie, di celebrare un numero maggiore di Messe e di adottare le misure per assicurare le distanze di sicurezza.
In Sardegna poi, eccezion fatta per alcuni focolai, la maggior parte dei centri è risultata zona con un tasso molto basso di contagi.
La scelta del Governo «è un errore grave – lo ha definito in un editoriale il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio.
«Non si può pensare di affrontare una generale “ripartenza” che si annuncia delicatissima – scrive il direttore – rinunciando inspiegabilmente a valorizzare la generosa responsabilità con cui i cattolici italiani – come i fedeli di altre confessioni cristiane e di altre religioni – hanno accettato rinunce e sacrifici e, dunque, senza dare risposta a legittime, sentite e del tutto ragionevoli attese della nostra gente».
Nel frattempo sono in corso interlocuzioni per trovare una soluzione capace di contemplare la necessità di sicurezza sanitaria e il diritto al culto: una sintesi delle due posizioni è possibile ma occorre trovarla con ragionevolezza e proporzionalità.
Roberto Comparetti
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