Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
Commento a cura di Christian M. Steiner
Ora gli avversari di Gesù vengono allo scoperto. Attraverso quattro domande a tranello cercano di «cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi». Siamo a pochi giorni della sua morte e le parole dell’evangelista ci rendono partecipi della crescente tensione della settimana santa. «Tenero consiglio» è un’allusione a quello stesso consiglio che, qualche giorno dopo, terranno i sommi sacerdoti per uccidere Gesù. Per ora si cerca di ucciderlo a livello verbale. A questo scopo i farisei si coalizzano con i loro avversari, i sadducei.
Questa prima domanda che pongono a Gesù è particolarmente «maliziosa». «Dunque, dì a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Se Gesù risponde di sì i suoi connazionali l’accusano di essere un collaborazionista, se dice di no i romani lo devono considerare un ribelle. L’evangelista Matteo – attraverso le cui mani sono passate molte monete romane – è particolarmente sensibile a questo tema. Anzi, si potrebbe dire che questa domanda riassume il dramma della sua vita prima del suo incontro con Gesù. Matteo il pubblicano, di fatto, era diviso tra il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e le monete di Roma.
«Mostrami la moneta del tributo». Ecco la prima contromossa di Gesù: i discepoli dei farisei e gli erodiani gli mostrano «una moneta del tributo», vale a dire confessano pubblicamente che pagano il tributo. Con finezza grande Gesù non evidenzia questa manifesta incongruenza dei suoi avversari ma gli pone una domanda: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?», E loro: «Di Cesare». Le parole che Gesù fa seguire a questa risposta formano una delle frasi più famose del Vangelo e hanno fatto storia, anzi hanno fatto buona parte della storia dell’Europa e perciò del mondo, secondo interpretazioni molto discordanti: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Letteralmente si potrebbe anche tradurre «restituite a Cesare… e a Dio». Forse renderebbe ancora meglio la bellezza della risposta.
L’iscrizione e l’immagine rivelano la moneta essere proprietà di Cesare. Perciò bisogna restituirgliela. E a Dio che cosa bisogna restituire? Che cosa possiede Dio in modo da poterlo chiedere in dietro? Tornano in mente le parole di Gesù rivolte ai suoi dodici: «E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; 31non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!» (Mt 10, 28-30). La vita di ogni persona appartiene a Dio, non la possiede Cesare.
Come al solito Gesù, con la sua risposta, colloca se stesso e i suoi avversari in una nuova dimensione nella quale Gesù toglie ai suoi avversari la possibilità di essere i suoi nemici. Le sue parole rivelano un’intelligenza molto personale non solo di Dio, ma anche del sistema politico di allora.
Gesù abita in modo straordinario con la sua mente umana sia la sua vita divina sia la vita sociale, politica e economica del suo tempo. Perciò ne coglie i tanti significati e riesce a verbalizzarli facilmente.
È molto probabile che Gesù, oggi, abbia il desiderio che, attraverso i doni cresimali dell’intelligenza, della scienza e della sapienza, potessimo partecipare con la nostra intelligenza al modo con il quale lui vede e vive attualmente la nostra vita politica, sociale ed economica. Siccome ognuno di noi può solo cogliere alcuni aspetti di ciò che dell’attuale vita civile sta a cuore a Gesù, bisogna aiutarsi reciprocamente a scoprirne caratteristiche ed aspetti vari.
Le settimane sociali che, alla fine del mese, la Chiesa italiana organizza a Cagliari sono espressione eloquente ed efficiente di questo sforzo comunitario per scoprire come il Risorto agisce oggi nella società italiana «ispirando, promuovendo e correggendo i grandi propositi che rendono la vita più umana» (GS 38).
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