«Colui che disse ad Adamo: “Dove sei?” (Gen 3,9) si è volontariamente rivestito di un corpo di carne; è salito sulla croce perché l’ha voluto, per cercare colui che era perduto; è sceso agli inferi dietro a lui e l’ha trovato. L’ha chiamato e gli ha detto: “Vieni dunque, o mia immagine e mia somiglianza. Ecco, io sono sceso dietro a te per ricondurti alla tua eredità» (Sant’Efrem il Siro, Inno per la III domenica di Pasqua).
Carissimi in Cristo,
in questi mesi di fatica per il diffondersi della pandemia virale, col suo triste fardello di morte e angoscia, nella sensazione inquietante di essere indifesi di fronte a un pericolo ignoto, è più volte risuonata la domanda: cos’è l’uomo e quanto vale la sua vita?
La questione della malattia e della morte ha passato i confini del dolore privato per imporsi nuovamente come la principale delle questioni sociali, tanto da determinare i comportamenti e le norme, le riflessioni e i riti del nostro popolo.
A contatto con la malattia l’uomo fa l’esperienza drammatica del proprio limite e del proprio bisogno di salvezza.
La Chiesa, che custodisce il senso della vita, ripete le parole del suo Signore: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1).
È vero che l’uomo è come un soffio e che i suoi giorni sono come ombra che passa, ma anche che il Signore l’ha a cuore e se prende pensiero (Sal 144,3-4).
Sì, l’uomo è fragile come un soffio o un’ombra ma Dio lo ama senza misura, lo ama di amore eterno!
L’annuncio gioioso della Pasqua è che Dio, in Cristo Gesù, è stato fedele al suo amore, ha avuto pietà dell’uomo, lo ha cercato, l’ha trovato e gli ha restituito il suo vero volto.
Cristo è disceso fin negli abissi dei nostri inferni per farsi incontrare anche lì, così che nessun uomo possa disperare nell’incontro con l’Amore e nessuna condizione possa essere d’ostacolo alla rinascita.
La morte, visitata dalla Vita, è stata spogliata del suo «pungiglione».
Nell’abbraccio amoroso di Dio, neanche la sofferenza va perduta e la «valle oscura» non fa più paura.
Il volto dell’uomo è immagine e somiglianza del Verbo incarnato e può essere riconosciuto solo nell’incontro con Lui.
Un pensiero pieno di gratitudine va per questo ai presbiteri e a tutti i fedeli che con la loro opera e sacrificio, carità e creatività collaborano perché Cristo Gesù, anche in questo momento eccezionale, continui a parlare al cuore di ciascuno.
È questo, d’altra parte, l’unico nostro programma: che Cristo sia conosciuto, amato e seguito, perché nell’incontro con Lui l’uomo ritrovi se stesso.
In questa luce, pensiamo a coloro che ci hanno preceduti nella comunione dei santi e a tutti i defunti; ci sentiamo vicini a quanti soffrono e a coloro che se ne prendono cura.
Ci aspetta un’opera grandiosa di ricostruzione e servono ragioni di vita più profonde di ogni minaccia di male, un amore alla vita tenace e paziente.
Preghiamo di poter vivere questo nuovo inizio nella grazia, misericordia e pace di Cristo Risorto.
A tutti, dal profondo del cuore, Buona Pasqua!
+ Giuseppe Baturi – Vescovo
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