Una riflessione sulla proposta di cancellare il riferimento esplicito al Natale
Divino e umano per società libere
La Commissione per l’Uguaglianza dell’Unione Europea aveva redatto un documento interno per la comunicazione da parte del proprio personale, nelle sue funzioni sull’uso del linguaggio inclusivo e che non facesse sentire nessuno discriminato.
Esso prevedeva, ad esempio, di dire «popolazione adulta» invece che «anziani».
Raccomandava pure di trasformare l’augurio «Buon Natale» in un generico e vago «Buone feste», di usare l’espressione «periodo di festività» invece di «periodo natalizio», di non usare solo nomi di origine cristiana, come «Maria e Giovanni», quando si fanno degli esempi.
Questi e altri riferimenti alla religione cristiana in cui si riconosce solo una parte della popolazione non sono inclusivi e potrebbero risultare discriminatori.
Riferendosi a ciò il Papa ha dichiarato: «È un anacronismo questo. Nella storia tante dittature hanno cercato di farlo.
È una moda di una laicità annacquata.
L’Unione Europea deve rispettare ogni Paese come è strutturato dentro.
Se fa spazio alle colonizzazioni ideologiche potrebbe dividere i Paesi e far fallire l’Unione».
Il fatto in sé pone questioni di natura non solo storica, culturale e politica, ma anche teologica.
In questa proposta di cancellare il riferimento esplicito al Natale – come in molte altre che riguardano l’eliminazione di simboli e tradizioni del Cristianesimo – bisogna riconoscere e cogliere – più che denunciare – una «provocazione», un interrogativo inevitabile: l’essere umano può costruire da sé una società multiculturale, che incarna e condivide i valori della dignità, della libertà, della giustizia e del rispetto delle diversità pensando, progettando e vivendo come se il Figlio di Dio fatto uomo non esistesse?
Questa domanda e la risposta ad essa è ciò che deve premere di più a noi cristiani.
Noi per primi siamo chiamati a porcela e a rispondervi. Dalla risposta dipende l’atteggiamento prevalente e schietto nei riguardi del Natale.
La nascita di Cristo, infatti, rende testimonianza a una verità fondamentale per ciascuno e per la convivenza civile e democratica.
Divino e umano per società libere
L’essere umano, senza alcuna distinzione, è tanto prezioso quanto fragile.
Così prezioso che Dio sempre lo ama e mai lo disprezza (Sap 11,24-26; Gv 3,16), così fragile che quanto più cerca di progredire da sé, lontano dalla casa del Padre, tanto più non comprende e perde sé stesso (Sal 48).
Perciò il Padre, nel suo grande amore, ha mandato suo Figlio a salvarlo dalla sua incapacità di avvicinarsi a Lui, il Solo buono e fonte della vita; a liberarlo dalle tenebre e dall’ombra della morte, a disfare la rete e i lacci che bloccano la sua coscienza.
Natale fa risplendere la verità che «l’humanum» non può contare su sé stesso e compiersi autenticamente senza radicarsi nel «divinum».
Nella fecondità dell’unione del «divinum» e «dell’humanum», di Dio con l’uomo in Cristo, sta la possibilità di costruire società autenticamente laiche, libere da contrapposizioni ideologiche, nelle quali trovano ugualmente posto il nativo e l’immigrato, il credente e il non credente.
Serve poco continuare a augurare «Buon Natale» se non ci sono angeli – messaggeri – che recano agli ultimi, agli emarginati e ai popoli l’annuncio che, oggi, nasce per loro il Salvatore.
Come ha scritto il Papa:
«Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare le nostre coscienze è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo».
Egli viene e chiama tutti i popoli alla fonte della sapienza, promette a tutti la redenzione, perché nessuno viva nell’angoscia e nella disperazione.
Francesco Maceri, Sj – Preside Facoltà Teologica della Sardegna
© Copyright Il Portico