La visita dell’Arcivescovo nell’Azienda sanitaria «Brotzu»
Donare speranza a chi soffre negli ospedali.
La XXX Giornata mondiale del Malato, celebrata nella memoria liturgica della Madonna di Lourdes, è stata occasione per l’Arcivescovo di entrare nuovamente in contatto con quanto accade negli ospedali, in particolare in quella che è considerata l’Azienda sanitaria più importante della Sardegna: l’ospedale «Brotzu».
Una visita attesa dai dirigenti e dal personale, che hanno incontrato monsignor Baturi nella mattinata dello scorso 11 febbraio.
In quella sede è stato possibile verificare come, accanto alle tante problematiche del sistema sanitario regionale, dalle carenze di organico ai vuoti dovuti al personale positivo al Covid, ci sia una totale dedizione di uomini e donne verso chi soffre, nonostante il personale sanitario, da due anni, sia in prima linea nella battaglia contro il virus.
All’ospedale «Brotzu» si riversano pazienti da tutto il Sud Sardegna: il Pronto soccorso del presidio ospedaliero, insieme a quello del Policlinico di Monserrato, sono gli unici che possono accogliere le urgenze.
Gli altri presidi in città, in particolare l’ospedale «Marino» e il «SS. Trinità», sono destinati ad accogliere i pazienti Covid, così come il «Binaghi», mentre i Pronto soccorso dei nosocomi dei centri più piccoli di fatto non operano più come un tempo.
È una delle conseguenze del virus, che ingolfa gli ospedali, e si aggiunge alle scelte di tagli alla sanità territoriale: piccoli ospedali depotenziati e ridotti nei servizi, i paesi, piccoli o grandi che siano, privi di guardia medica, medici di medicina generale andati in pensione ma non rimpiazzati, così i pediatri, oramai merce sempre più rara.
Da oltre due decenni si assiste allo smantellamento della sanità pubblica, in nome di un presunto contenimento dei costi.
La metà dei fondi delle manovre finanziaria approvate dal Consiglio regionale negli ultimi lustri, di fatto, è stata assorbita dal settore socio-sanitario.
Si tratta di importanti risorse pubbliche di cui spesso si fatica a comprenderne l’utilizzo.
Di certo dovrebbero essere impiegate per dare risposte adeguate alle necessità di tanti che, specie in questo periodo pandemico, soffrono per problemi di salute.
Donare speranza a chi soffre negli ospedali.
Il Covid ha messo in luce quanto sia importante avere un servizio sanitario pubblico, capace di assistere tutti, senza distinzione, senza guardare alla carta di credito o all’assicurazione privata, come accade in altre nazioni.
Papa Francesco lo scorso luglio, dopo l’intervento chirurgico in ospedale, aveva definito quello italiano un buon servizio accessibile a tutti, perché gratuito.
«Non bisogna perdere questo bene prezioso. Bisogna mantenerlo! E per questo occorre impegnarsi tutti, perché serve a tutti e chiede il contributo di tutti», aveva sostenuto in Pontefice.
A garantire il servizio sanitario gratuito ci sono donne e uomini che, quotidianamente, si impegnano nell’assistere chi vive la fragilità della malattia, cercando di mettere al centro dell’azione il paziente affidatogli.
Per chi si trova in un letto di ospedale il tempo della malattia rappresenta un atto di fiducia e di dipendenza da altre persone, chiamate a prendersi cura del prossimo.
Roberto Comparetti
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