«Donna non è ancora giunta la mia ora»

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù.

Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.

Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».

E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri.

E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo.

Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto».

Ed essi gliene portarono.

Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

(Gv 2,1-12)

Da questo numero sarà don Roberto Piredda, direttore dell’Ufficio Irc, a commentare il Vangelo. Il grazie a don Diego Zanda per il servizio reso nelle ultime settimane.

Commento a cura di Roberto Piredda

Una festa di nozze è lo scenario nel quale Gesù dà inizio ai «segni» che caratterizzano la progressiva rivelazione della sua persona e del suo messaggio. 

Maria interviene con delicatezza quando termina il vino, intuendo subito la difficoltà. La Vergine non fa una vera e propria richiesta, suggerendo qualcosa di definito, ma rimette completamente la questione nelle mani del Figlio: «Non hanno più vino» (v. 3). 

In lei si possono notare due aspetti: l’attenzione premurosa nei confronti degli sposi e l’affidamento pieno e deciso alla volontà di Gesù. 

Abbiamo sicuramente da imparare dallo sguardo di Maria. 

La sua «lezione» è quella di chi è capace di osservare la vita delle persone che le stanno intorno, partecipando alle loro gioie e avendo uno sguardo attento alle difficoltà che attraversano.

La Vergine «ci insegna ad avere quello sguardo che cerca di accogliere, di accompagnare, di proteggere» (papa Francesco, omelia, Cagliari, 22 settembre 2013).

Allo stesso tempo il suo sguardo è perennemente rivolto a Dio, attraverso il suo Figlio.

In lei c’è un’apertura bella, piena, generosa a quanto Dio vorrà fare.

È il suo «fiat» che non rimane fermo al momento dell’Annunciazione, ma si concretizza con fedeltà in ogni circostanza.

La sua certezza è che affidando ogni cosa al Figlio non rimarrà delusa, si potrà realizzare il vero bene anche in questa occasione.

«Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (v. 5) è l’indicazione che la Madre dà ai servitori. 

La risposta di Gesù – «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» (v. 4) – a prima vista potrebbe lasciare un po’ spiazzati.

Per comprenderla è necessario passare ad un livello più profondo.

Non si tratta semplicemente di fornire una soluzione ad un problema pratico – la mancanza di vino ad una festa di nozze – ma di dare inizio ai «segni» che porteranno fino al compimento della sua «ora». 

Il Signore con la trasformazione dell’acqua in vino realizza un segno in grado di prefigurare la sua «ora», quella delle nozze che uniscono Dio e l’uomo.

La realtà delle nozze umane in questa occasione rimanda allora alle nozze divine, al quale il Padre ci invita attraverso l’opera del Figlio. Solo Cristo, in definitiva, può donare all’uomo la pienezza di bene e di gioia della nuova alleanza che è significata dal vino.

Il legame tra Dio e l’uomo, rappresentato dalle nozze, raggiungerà il suo culmine nell’ora di Gesù, quella della sua offerta sulla croce, quando si donerà in maniera perfetta e definitiva per la nostra salvezza. Proprio lì si manifesterà pienamente la sua «gloria» (cfr v. 11)

Un modo concreto per tenere viva l’esperienza di Cana è quello di dare una forma «eucaristica» alla nostra esistenza cristiana.

Per mezzo del Sacramento partecipiamo al banchetto del Corpo e del Sangue di Cristo, unendoci al suo sacrificio. Dall’Eucaristia, che è scuola di carità operosa, impariamo ad avere lo stesso sguardo di Gesù e di sua Madre verso i fratelli, rimanendo pronti per servirli con gioia nelle circostanze della vita ordinaria.

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