Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
(Lc 18, 1-8)
Commento a cura diAndrea Busia
L’evangelista, già prima della parabola, ci fornisce la chiave di lettura, il suo scopo: sottolineare la «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai», non c’è quindi bisogno di chiedersi quale sia questo scopo che ci è stato rivelato dall’autorevole parola dell’evangelista.
Il giudice della parabola non si cala nei panni altrui, non rispetta neppure Dio, si sente troppo superiore per occuparsi di ciò che riguarda gli altri. La vedova invece è insistente, molto insistente, perché cerca giustizia. La parola giustizia assume, come normale, una moltitudine di significati: è giustizia la difesa da un aggressore, è giustizia ciò che mi spetta di diritto, questo si intende nella parabola. Ma non è questa invece la giustizia di Dio di cui si parla alla fine: ricevere giustizia da Dio non riguarda né la nostra difesa né i nostri peccati. Riguarda invece il ricevere il premio che Dio ci ha già donato in pegno al momento del nostro battesimo. Dio non ristabilisce la giustizia punendo o riconoscendo diritti che nessuno può esigere da Lui, Dio ristabilisce la giustizia ristabilendo l’uomo nella sua giusta condizione che è quella di figlio, con la salvezza e il perdono salvo che l’uomo, facendo cattivo uso della sua libertà, si ponga in uno stato di rifiuto della salvezza offerta da Dio.
Il giudice decide di agire a causa del «fastidio» causatogli da questa donna insistente e accetta di farle giustizia.
Egli, che non accettava limitazioni alla sua libertà né dagli uomini né da Dio, ora capitola di fronte a una vedova e deve giocoforza accontentarla. A maggior ragione ─ questo è il senso del paragone ─ Dio, che invece ha a cuore le sue creature, farà giustizia per quelli che lo invocano.
Se Dio prende il posto del giudice, sono gli «eletti» della Chiesa a essere rappresentati dalla vedova, ciò che la vedova chiede è innanzitutto udienza così gli eletti chiedono innanzitutto di trovare in Dio ascolto alle loro grida. Dio agirà e il suo giudizio sarà rapido, ma non immediato, ci sarà da attendere e questo preoccupa perché l’attesa è di per sé luogo di prova: se ben vissuta, l’attesa può creare il giusto contesto per l’accoglienza del Signore, se vissuta male può diventare il luogo del «vizio», si può perdere di vista ciò che si attende e cercare altrove la propria felicità, ed ecco la domanda ─ estremamente seria ─ del Signore sulla possibilità di trovare o meno la fede sulla terra al suo ritorno.
La preghiera è il carburante dell’attesa, o se si preferisce è l’indicazione che ci permette di non uscire di strada, e per questo deve essere costante, incessante, instancabile. Solo la preghiera in tutte le sue forme, la relazione costante con il Signore, può aiutarci a ricordarci chi è Lui, cosa ha fatto per noi e quanto abbia dimostrato la sua fedeltà e sia quindi degno di «fede». Se la salvezza non è qualcosa che possiamo guadagnare, ma rimane sempre dono gratuito di Dio, qui, nel vangelo, ci viene detto chiaramente, come accennavamo prima, che anche noi dobbiamo fare la nostra parte perché questo dono non vada sprecato: tenere accesa la lampada della fede nella nostra vita.
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