Fu trasfigurato e il suo volto brillò come il sole

Trasfigurazione del Signore (Anno A)

Fu trasfigurato e il suo volto brillò come il sole.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.

Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra.

Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

(Mt 17,1-9)

Commento a cura di Francesca Diana

In questa domenica ci avvolge una luce sfolgorante. L’episodio della trasfigurazione, incastonato da Matteo tra i due racconti della passione, anticipa la luce della resurrezione e ne acquista il significato completo solo dopo l’evento pasquale.

Gesù dalla Galilea si dirige verso Gerusalemme scegliendo Pietro, Giacomo e Giovanni, per condividere la sua intimità con il Padre e prepararli gradualmente al suo mistero pasquale di sofferenza e gloria.

Dentro questa luce gli apostoli vivono un’esperienza che anticipa e rassicura che la morte di Gesù non sarà un’esperienza definitiva, come attesta la presenza di Mosè ed Elia, accomunati dall’aver vissuto un rapporto molto particolare con la morte: del primo, rappresentante della Legge, non si conosce il luogo della sepoltura, l’altro, simbolo del profetismo, è stato assunto in cielo su un carro di fuoco.

I sinottici raccontano l’evento con una narrazione che richiama i racconti delle grandi teofanie presenti nel Primo Testamento, come quelle vissute da Mosè sul Sinai e da Elia sul monte Carmelo, ma nel Tabor siamo su un piano straordinariamente superiore: non è Gesù ad avere la rivelazione di Dio ma è in lui che Dio si rivela e rivela il suo volto agli apostoli. 

I discepoli vivono un momento che oltrepassa le loro capacità di comprensione, un evento tanto vasto e lontano dalle loro misure abituali. 

E così Pietro, atterrito dallo spavento, non sapendo cosa dire – come accadrà poi nel giardino del Getsemani –, propone ciò che è alla sua portata, una situazione a “sua misura”: costruire tre tende, imbrigliare, quindi, Gesù, Mosè ed Elia, adattare il divino al suo livello, rimanere sul monte e interrompere quella sequela che inizia ad assumere tratti drammatici. 

Forse anche a noi accade di racchiudere Dio nelle nostre categorie contratte, inabili ad accogliere la sua sconfinatezza… al contrario l’esperienza della trasfigurazione, in modo mistagogico, ci conduce ad accedere all’immensità senza ostinarsi nel comprendere.

Il significato dell’evento è dato dall’immagine della nube, segno della protezione divina, e dalla voce che da essa promana nella quale riecheggia quella del battesimo, ma con una variante: là era diretta a Gesù e costituiva la sua chiamata, qui è un riconoscimento della sua dignità e missione in favore dei discepoli: «questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

Ormai la volontà di Dio si rivela pienamente nella persona del Figlio da ascoltare e seguire. 

La voce del Padre intimorisce a tal punto i tre pescatori da farli prostrare «con la faccia a terra» per riprendere il cammino solo grazie all’invito a non temere pronunciato da Gesù.

Al termine gli altri segni svaniscono, resta unicamente il compito assegnato loro: ascoltare il Figlio di Dio, insieme all’imposizione del silenzio che ha come limite la Pasqua.

Il ritorno alla quotidianità si può sostenere con l’ascolto della Parola meditata e pregata, per crescere nella fede e acquisire forza nel camminare con il Signore. 

Il mondo sarà trasfigurato da gente che alla stregua di Gesù, con sguardo e cuore tenacemente rivolti al Padre, sceglie di mettersi a servizio degli altri con umiltà e sobrietà.

Fu trasfigurato e il suo volto brillò come il sole.

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