V Domenica di Pasqua (Anno )
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”?
Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi.
E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?».
Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?
Chi ha visto me, ha visto il Padre.
Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”?
Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?
Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».
Commento a cura di Roberto Ghiani
L’uomo desidera tornare a casa.
L’uomo desidera potersi finalmente riposare, vivere protetto in un ambiente sicuro, dimorare al tepore degli affetti familiari, nell’intimità di relazioni significative.
Viaggiare e camminare sono condizioni di provvisorietà e, sovente, di precarietà.
Dopo un lungo e faticoso viaggio spesso si dice: «Finalmente a casa»!
L’Ultima Cena è l’occasione per Gesù non solo di fare quel gesto d’amore profetico e simbolico che è la lavanda dei piedi, ma anche per rivolgere ai discepoli costernati per l’imminente «partenza» del Maestro parole di conforto.
Gesù se ne va per allestire una dimora per i suoi discepoli: la sua partenza – e quindi la sua assenza – è necessaria per preparare una possibilità di perenne comunione con Dio, un «luogo» intimo e familiare dove poter vivere stabilmente nell’amicizia con la Trinità e poter, finalmente, «riposare».
Nel tempo del nostro pellegrinaggio sulla terra, questo «luogo» – che in fondo è la nostra esistenza terrena nella Chiesa con Cristo – sarà sempre zona di passaggio.
Gesù è venuto a farci conoscere il Padre: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.» (Gv 1,18).
Ma nella storia, questa immagine del Padre che risplende nel Figlio è sempre un po’ sfocata: «Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto» (1Cor 13,12).
Il tempo del nostro pellegrinaggio terreno ci è dato per scrutare sempre meglio e conoscere sempre di più, finché non vedremo Dio «faccia a faccia».
L’uomo vuole tornare a casa, ma ora deve camminare. Se dunque ora non vediamo bene la meta, ma vediamo e salutiamo solo di lontano i beni promessi come fecero i nostri padri nella fede (cf. Eb 11,13), dobbiamo però conoscere bene la strada.
E la strada è proprio lui, il Risorto. Gesù non è solo la «porta» (delle pecore), come udivamo domenica scorsa, ma anche la “via” che conduce alla verità e alla vita.
Secondo sant’Agostino, Gesù «rimanendo presso il Padre, era verità e vita; rivestendosi della nostra carne, è diventato la via» (dai «Trattati su Giovanni» 34, 8-9).
Ecco il mezzo sicuro e infallibile per incontrare il Padre e stare con lui: la «carne» di Gesù, la sua storia in mezzo agli uomini, la sua esistenza divina fatta di gioie, dolori, sofferenze, amore concreto.
E questa sua presenza si manifesta nella comunità anche attraverso le opere.
Chi crede in Gesù, dice il Vangelo odierno, farà opere «più grandi» di quelle che ha fatto lui: la resurrezione e l’invio dello Spirito hanno impresso nella storia un dinamismo nuovo, una energia divina che realizzerà opere prodigiose con mezzi inadeguati.
L’esperienza dei santi né da eloquente testimonianza.
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