Gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi XXV Domenica del Tempo ordinario anno A

gli ultimiIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.

Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

(Mt 20, 1-16)

 Commento a cura di Christian M. Steiner

Diverse parabole di Gesù non sembrano seguire il senso comune della giustizia. Tra queste parabole «ingiuste» figura anche la parabola di questa domenica. Quattro categorie di operai si trovano di fronte a un’ingiustizia evidente. Chi ha lavorato per 9 ore, chi per 6, chi per 3 e chi per un’ora, tutti ricevono sempre un denaro come ricompensa. Il sindacato degli operai «della vigna del Signore» doveva senz’altro convocare uno sciopero per chiedere di adeguare la paga alle ore lavorative. Sicuramente Gesù avrebbe protestato in prima fila con loro. Non è una parabola che vuole svelare i principi della dottrina sociale della Chiesa ma il mistero stesso della Chiesa.

Se si guarda il contesto in cui Gesù pronuncia queste parole scopriamo che la parabola fa parte di una risposta che Gesù sta dando al protagonista liturgico di quest’estate: Pietro. Egli infatti, in quanto responsabile di tutto il collegio apostolico, si era appena informato presso Gesù sullo stipendio evangelico per le loro fatiche apostoliche: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?» (Mt 19, 27). La sincerità pietrina è disarmante. «E Gesù disse loro: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”» (Mt 19, 28-30). Questa è la prima parte della risposta, la seconda è formata dalla nostra parabola.

Se, nella prima parte della risposta, la brama pietrina sarà stata abbondantemente soddisfatta, la seconda introduce una nota leggermente inquietante per il pensiero degli apostoli desiderosi di arrivare primi (vedi anche le richieste di Giovanni e Giacomo in Mt 20, 20 ss., vale a dire immediatamente dopo il racconto di questa parabola): tutti ricevono lo stesso salario dal primo all’ultimo. In questo modo Gesù mette l’accento non su chi lavora di più, ma sull’onore di poter lavorare nella vigna, poter far parte della sua Chiesa, di essere partecipe della sua stessa vita. I Padri della Chiesa volentieri identificavano il «denarion», il denaro, con la stessa persona di Gesù. La paga straordinaria per ogni apostolo, per ogni profeta, per ogni battezzato, per l’ebreo della prima ora e per il pagano dell’ultima ora è lo stesso Cristo splendente e glorioso come Pietro e il lettore l’avevano visto sul monte qualche giorno prima (Mt 17, 1 ss.). L’onore di poter essere partecipe della sua vita è incommensurabile, qui nella fase provvisoria e decisiva della nostra vita, e poi nella fase definitiva e perenne della nostra esistenza, nella gloria. Tommaso d’Aquino aggiunge un dettaglio interessante alle caratteristiche della nostra vita gloriosa: godremo della gloria-ricompensa degli altri come se fosse la nostra. La gloria di tutti sarà dunque un grande denaro mio personale.

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