Io sono il Buon Pastore conosco le mie pecore

IV Domenica di Pasqua

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.

Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore.

E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare.

Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.

Nessuno me la toglie: io la do da me stesso.

Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo.

Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

(Gv 10, 11-18)

Commento a cura di don Davide Meloni

Quella del buon pastore è una delle immagini più commoventi ed efficaci per dire chi è Gesù e in cosa consista la sua opera di salvezza.

L’immagine è tratta dal capitolo 34 del libro di Ezechiele («Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia»). 

Ma nelle parole del Vangelo troviamo qualcosa di più: il buon pastore non solo conduce le pecore con amore, ma «dà la vita per le pecore». 

Cristo non è venuto semplicemente per darci un insegnamento o una legge, ma per donarci tutto se stesso in modo pieno e irrevocabile.

Il brano prosegue dicendo che «il buon pastore conosce le pecore e le pecore conoscono lui».

Egli conosce tutto di noi: la nostra storia, le nostre ferite, le nostre speranze, le profondità del nostro essere sconosciute persino a noi stessi.

Gesù ci conosce e conoscendoci ci ama, si compiace di noi, ci perdona. 

Questa pagina del Vangelo è dunque innanzitutto un messaggio di consolazione: anche oggi possiamo riconoscere la potenza di Cristo risorto e l’efficacia della sua azione, nel momento in cui ci accorgiamo che lui si china sulle nostre ferite, ci risana, e, come il buon samaritano, si ferma e ha cura di noi e del nostro bisogno, qualunque esso sia. 

Ognuno di noi potrebbe rileggere la propria esistenza a partire da queste parole del Vangelo e dire quando e come ha fatto esperienza della vicinanza di Cristo buon pastore.

Il Vangelo prosegue con parole che mettono in risalto l’universalità del piano di salvezza di Dio: «Ho altre pecore che non provengono da questo recinto, anche quelle devo guidare». 

È come se lo sguardo di Gesù si estendesse al mondo intero, abbracciando l’uomo di ogni luogo e di ogni tempo.

Cristo è venuto infatti per radunare l’umanità dispersa a causa del peccato. 

Nella visione biblica il peccato è innanzitutto ciò che crea divisione, odio e indifferenza tra le persone.

Ma Dio ha un progetto diverso ed è per questo che ha mandato il Figlio e, tramite lui, ha inviato lo Spirito Santo: per far sì che l’umanità ritrovi l’unità perduta.

Questa è l’opera di Cristo risorto. Egli è colui che è venuto per radunare tutti gli esseri umani nell’unità di una sola famiglia, perché, come dice la preghiera di colletta di questa domenica, «aderendo a Cristo buon pastore gustino la gioia di essere tuoi figli».

Abbiamo bisogno di appartenere a un popolo di persone che si concepiscono unite in un rapporto di fraternità perché figli dello stesso Padre.

E non solo siamo chiamati a far parte di questa famiglia ma anche, con la grazia di Dio, a metterci all’opera con i nostri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà perché questa unità si realizzi.

È in fondo il motivo per cui esiste la Chiesa, come ci ricorda il Concilio Vaticano II:

«La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano».

Per questo Dio ci ha scelti: per essere protagonisti insieme a lui di questa opera di salvezza che riguarda tutta la storia e il mondo intero.

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