Non ci si ammala di solo Covid: si rinuncia alle cure

In questi mesi di pandemia circa 10 milioni di italiani non si sono curati

In un anno di pandemia circa 10 milioni di italiani hanno avuto a che fare con cancellazioni e rinunce a prestazioni sanitarie per patologie no-Covid.

Circa 400mila di questi hanno rinunciato o si sono visti cancellare interventi di ricovero, mentre 600mila non hanno potuto fare interventi chirurgici e circa 1 milione di persone non hanno avuto le prestazioni di day hospital.

La pandemia ha colpito duramente i servizi sanitari: la cancellazione o rinuncia delle visite specialistiche ha riguardato in particolare l’83,9% degli over 65 anni, quindi le persone più fragili e più a rischio.

Sono dati della ricerca della Fondazione «Italia in salute», che ha per titolo «Gli italiani e il Covid-19. Impatto socio-sanitario, comportamenti e atteggiamenti della popolazione italiana», studio realizzato da «Sociometrica», che ha quantificato su scala nazionale le conseguenze dell’epidemia sul sistema sanitario, impegnato nelle patologie no-Covid.

Lo studio è stato condotto su un campione rappresentativo della popolazione adulta alle prese, oltre che con le patologie no-Covid, anche con l’impatto sui comportamenti collettivi, lo stato psicologico e l’atteggiamento verso i vaccini. 

Da quando è scoppiata la pandemia molti italiani hanno modificato spontaneamente alcuni comportamenti quotidiani. 

Ad esempio il 63,3% evita di prendere mezzi pubblici, mentre oltre la metà non frequenta più negozi, bar e ristoranti e circa sette persone su dieci hanno scelto di non vedere più amici e conoscenti dentro casa.

Il pericolo del contagio ha poi determinato modifiche anche nell’utilizzo dei servizi sanitari, con un dato sconcertante: il 63,9% della popolazione preferisce evitare di frequentare ospedali e ambienti della sanità, mentre solo il 13,8% non ha timore a entrare in strutture mediche.

I maggiori timori si riscontrano tra la popolazione giovanile.

Ci sono poi altri numeri preoccupanti: il 49,1% della popolazione avverte una crescita dello stress, il 43,9% ha fortemente ridotto l’attività fisica, il 28,8% ha difficoltà nel sonno, il 27,1% ha malesseri psicologici di tipo generale, il 25,7% mangia di più o ha smesso di controllare la propria dieta e, infine, il 16,5% accusa sintomi di depressione.

Un quadro che mostra un Paese smarrito, preoccupato, che fatica ad andare avanti. 

Quanto alle conseguenze della pandemia sui minori, quasi il 60% dei genitori intervistati reputa che abbia avuto un impatto psicologico sui figli minorenni.

Un genitore su quattro ritiene che i minori siano stati «colpiti molto pesantemente», soprattutto nel caso di famiglie poco istruite.

Sul fronte dei vaccini, unica arma efficace per combattere il virus, secondo la ricerca, gli italiani si mostrano divisi: il 40,5% attende senza problemi il proprio turno, il 7,5% non ha intenzione di farsi vaccinare, il 9,9% attende di capire di più, mentre il 7,6% vorrebbe poter scegliere quale vaccino fare.

A desiderare di essere vaccinate sono le persone con patologie di vario tipo, mentre le più favorevoli ai vaccini sono quelle più istruite, un elemento quest’ultimo che mostra come sul tema vaccinazioni troppo spesso prevalgano le notizie false che circolano in rete.

I problemi generati dalla pandemia non sono solo sul piano economico e sociale, ma anche sul benessere psicologico delle singole persone, che non riescono a salvare nessun aspetto della loro vita, rispetto a prima del tragico avvento del coronavirus.

Per uscirne senza traumi sociali permanenti occorre dunque prendere coscienza dell’ampiezza e della profondità dei danni provocati dal Covid sulla psiche di molti di italiani.

Roberto Comparetti

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