Le riflessioni all’inizio del Cammino sinodale in diocesi
In questi mesi di discussione circa il Sinodo mi è più volte tornato in mente quanto San Giovanni Paolo II scrisse all’inizio di questo terzo millennio:
«Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!».
La nostra gioia è una Persona che incontriamo e annunciamo, celebriamo e testimoniamo.
Il lavoro sinodale non è una nuova formula pastorale o un piano parallelo di iniziative, ma al contrario un cammino che ci riconduce all’essenza stessa del noi ecclesiale, alla verità della vita delle nostre comunità.
Mi è stato più volte chiesto che valore dia, che peso intenda dare al percorso che si sta aprendo in tutta la Chiesa.
Rispondo subito e, spero, nel modo più chiaro.
Non ho altra priorità pastorale che vivere e far vivere in pienezza questo cammino di sinodalità che – ha detto il Santo Padre – «è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio». Basti considerare il titolo del Sinodo dei Vescovi per comprenderne l’importanza.
Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione.
La Chiesa tutta è chiamata a realizzare in modo più trasparente la vocazione ad essere spazio di fraternità, esperienza di corresponsabilità, passione di evangelizzazione.
Come?
Cosa c’è da fare?
La parola «Sinodo» dichiara la sua origine e quel che ci è chiesto: camminare insieme, ascoltare il contributo di tutti, discernere questa nostra storia e ricercare proposte e azioni pastorali comuni.
Il discernimento comunitario ci aprirà a uno sguardo di fede sul presente che viviamo, sapendovi riconoscere il compito che sfida la nostra libertà, l’appello che Dio vi fa risuonare.
I cambiamenti in atto nella nostra società devono essere considerati con attenzione e senza paura.
Serve lungimiranza, saper guardare oltre il momento presente, ordinare le cose presenti in relazione a quelle future.
Come lo scriba del Vangelo che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche, la Chiesa non cessa di scrutare la ricchezza del Vangelo a partire dalla realtà storica che vive.
Il cammino sinodale non può non dialogare con le istanze più belle della cultura del nostro popolo e con la concretezza della sua condizione di vita.
Questo stile di vita ecclesiale diventa perciò anche una profezia per il mondo di oggi e fermento di cambiamento in questa nostra amata Sardegna.
La priorità pastorale è vivere la sinodalità.
Il recente pellegrinaggio diocesano ad Assisi mi ha fatto pensare alla grande rigenerazione che San Francesco e Santa Chiara hanno apportato alla vita e missione della Chiesa in forza unicamente della loro fede ardente, della loro radicale sequela e imitazione di Cristo. Proprio a Cagliari, nel lontano 24 aprile 1970, San Paolo VI disse che la santità è «il vero rinnovamento di cui la Chiesa oggi ha urgente bisogno, e se c’è questo, tutte le altre riforme verranno e saranno veramente utili per il regno di Dio».
Il punto sorgivo di ogni rinnovamento è la semplicità con cui accogliamo il Signore che ci viene incontro nella Chiesa e nel nostro prossimo.
Entriamo con generosità in questa strada, certi che «a quanti lavorano con impegno e fatica alla edificazione [della Chiesa], sarà dato dal Salvatore come dono e regalo celeste Cristo, che è la pace di tutti» (San Cirillo d’Alessandria).
Giuseppe Baturi – Arcivescovo Metropolita di Cagliari
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