Riflessione sul Messaggio dell’Arcivescovo nella Giornata del Malato.
Domenica scorsa l’Arcivescovo ha celebrato la Liturgia della Parola nella chiesa di San Giuseppe a Pirri, a pochi giorni dalla Giornata mondiale del Malato.
Un momento atteso e nel quale monsignor Baturi ha proposto una riflessione sul tema della malattia, al tempo del coronavirus.
«Il Santo Padre – ha detto l’Arcivescovo – nel Messaggio per l’annuale Giornata Mondiale del Malato, rivolge un pensiero di particolare attenzione a quanti, in tutto il mondo, patiscono gli effetti della pandemia del coronavirus, il cui drammatico sviluppo ci ha consegnato un tema di fondamentale rilievo, certamente destinato a condizionare il futuro delle nostre comunità: la fragilità dell’uomo e il modo di trattarla. Papa Francesco ribadisce che “una società è tanto più umana quanto più sa prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti, e sa farlo con efficienza animata da amore fraterno”.
Il tema della fragilità porta a ripensare alla relazione di fiducia «che – scrive Baturi – è alla base delle cura dei malati. Il Papa afferma che “la malattia ha sempre un volto, e non uno solo: ha il volto di ogni malato e malata” e che una vera relazione di cura esige di guardare questi volti nella loro unicità e irripetibilità, facendosi carico della loro umanità fragile e vulnerata. Senza questo sguardo carico di simpatia, senza l’ascolto delle attese della persona malata, non ci può essere una efficace relazione di cura. È stato scritto che la fiducia «è come un ponte che collega chi cura e chi è curato in una sincera e profonda comunità di destino».
«Gesù – ha ricordato ancora l’Arcivescovo – è il medico che si accosta all’uomo sofferente e ne prova compassione, vede la ferita del corpo e raggiunge il bisogno dell’anima, si fa carico della malattia: «l’azione di Cristo è ancorata alla sym-pátheia, alla capacità del patire insieme, alla qualità del com-patire».
Il terzo punto della riflessione è il senso della fragilità umana. «La malattia – ha affermato ancora Baturi – ci conduce, soprattutto se grave, ad una situazione limite, nella quale si manifesta improvvisamente, come una straniera, la fragilità della vita, staccata temporaneamente o permanentemente dalle consuetudini e speranze quotidiane. «La malattia impone una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio: una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza»
E poi l’impegno pratico per questo anno dedicato a San Giuseppe. «La Chiesa di Cagliari – ha ribadito l’Arcivescovo – desidera rinnovare il proprio impegno a favore dei malati e sofferenti. È imminente la ricostituzione della Consulta diocesana per la pastorale della salute, con il compito di esprimere in modo unitario l’impegno della nostra Chiesa non soltanto nelle realtà ospedaliere ma anche in quelle parrocchiali, a beneficio della salute della persona. La Pastorale della salute non può essere chiusa nell’“universo ospedaliero”, perché se così fosse tradirebbe le esigenze e le attese del malato, dei suoi familiari e dei vari operatori sanitari. Essa acquista il suo valore e raggiunge i suoi obiettivi solo nell’armonia con l’intera comunità ecclesiale diocesana, nella molteplicità delle sue esperienze, iniziative e competenze».
Dal messaggio è scaturito un invito rivolto a sacerdoti e diaconi, ai quali monsignor Baturi ha chiesto di declinare in modo creativo lo spirito della diaconia evangelica verso i sofferenti.
«Non manchino nelle catechesi parrocchiali – ha specificato – le tematiche relative alla sofferenza e alla salute, e appositi momenti di preghiera. Anche attraverso i sacramenti di guarigione – celebrati individualmente e comunitariamente – si renda presente l’amore del Signore verso coloro che soffrono. Ricordiamoci inoltre che l’uomo sofferente è il primo soggetto attivo e responsabile dell’evangelizzazione delle persone malate».
Roberto Comparetti
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