Unica docente italiana segnalata nel 2016 per il «Global Teacher Prize», cavaliere al merito della Repubblica, ambasciatrice per l’Italia al convegno internazionale sulla «scuola buona» a Dubai.
Sono alcuni dei riconoscimenti per Barbara Riccardi, maestra di Spinaceto (Roma), relatrice al convegno «La buona scuola è possibile», tenutosi venerdì scorso nell’aula magna del Seminario arcivescovile di Cagliari.
Lei è testimone di un modo virtuoso di fare scuola.
La scuola «buona» funziona soltanto grazie alle persone, al loro buonsenso e voglia di fare, perché il ruolo del docente va valorizzato per quello che è, dando luce agli aspetti didattici che funzionano. Un esempio è la creatività: dai tavoli di lavoro di Dubai è emerso che noi italiani, seppur privi di sostegno economico, con la nostra creatività riusciamo a sopperire alle mancanze materiali. La scuola ottiene risultati se fa rete, con l’intervento di tutte le figure professionali che ne fanno parte, dai collaboratori scolastici fino ai presidi.
Il segreto per avere risultati è il lavoro in rete?
Esatto. È proprio il sistema in cui ho trovato sostegno per portare avanti certi tipi di lavori progettualità, grazie anche all’alleanza tra scuola e famiglia che è la prima forma di rete, la rete istituzionale e quella del territorio. Se tutti mettono in campo le proprie capacità, a partire dai genitori, si riesce a creare qualcosa e arrivare a risultati come la vincita di un bando, la realizzazione di un museo virtuale o l’orto didattico con i nonni. Questa è la potenza del fare rete e comunicazione.
Nel sottotitolo del convegno si parla di genitori «attenti» riguardo la scuola buona.
Da noi i ragazzi fanno otto ore a tempo pieno, il resto delle conoscenze viene da quel che i genitori hanno trasmesso ai propri figli. La cosa importante è far fare esperienze, partendo dalla famiglia: noi siamo il risultato dell’educazione che ci hanno impartito i nostri genitori. La prima agenzia dove i ragazzi attingono a una cultura o forma di valori è certamente la famiglia. Poi subentra la seconda agenzia che è la scuola, che procede verso gli stessi obiettivi. Perciò è importante creare l’alleanza e un patto educativo, dove ognuno è co-partecipe della costruzione della cultura dei propri ragazzi.
Non dev’essere facile per voi insegnanti trovare nuove motivazioni ogni giorno.
Quando ti piace il tuo lavoro è come quando pianti un piccolo seme e piano piano vedi crescere la piantina, che poi diventerà un fiore o un frutto: ogni giorno resti in attesa di vedere il risultato del tuo seminare. I ragazzi sono la testimonianza del tuo fare e con loro si costruisce il percorso educativo, grazie al loro entusiasmo, curiosità e voglia di fare.
Quando i ragazzi sono motivati si può costruire qualcosa di importante.
Io credo sempre che si possa fare questo. Insegno loro l’ironia che secondo me è una grande forma d’intelligenza: ogni difficoltà è superabile se si riesce a fare ciò che si desidera. Penso che quando uno è felice «contamina» il suo prossimo. Se io mi annoio non posso far divertire gli altri.
Tornando indietro rifarebbe quel che ha fatto?
Sì, ma in forma più ampia, sia con i bambini che con il mondo adulto, perché se non abbiamo in noi la consapevolezza del nostro ruolo di essere adulti non possiamo garantire ai nostri figli una crescita, né possiamo pretendere da loro che diventino adulti se noi, in primis, non lo siamo.
Francesco Aresu
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