La strage di migranti a Cutro è figlia dell’indifferenza

Manca una politica europea comune sul fenomeno migratorio

Foto Ansa/Sir

La strage di migranti a Cutro.

Il numero degli occupanti dell’imbarcazione finita sugli scogli nel Mar Jonio, nella notte tra sabato e domenica scorsa, si aggirava sulle 250 unità, tutti stipati sul natante colato a picco: di questi solo 80 si sono salvati mentre gli altri, purtroppo, hanno perso la vita. 

Spesso di fronte alle notizie di persone che muoiono nel corso delle migrazioni forzate, il commento più frequente è che sarebbero dovute rimanere a casa loro: con tutta probabilità questi uomini, donne, bambini, ma anche neonati, non sempre hanno casa, non hanno di che mangiare e rischiano la vita sotto regime dittatoriali. 

Su quella barca finita sugli scogli c’erano persone in fuga da Iran, Pakistan, Afghanistan, tutti paesi che palesemente mostrano al mondo il loro volto repressivo contro chi chiede maggiori libertà e benessere, prerogative di una ristretta minoranza.

La strage che si è consumata, l’ennesima, nel mar Mediterraneo non può e non deve passare nel dimenticatoio in questi prossimo giorni.

Quella barca era partita quattro giorni prima dalle coste turche, zona sotto controllo del principe dell’autarchia anatolica, Erdoğan, il cui governo riceve ogni anno dall’Unione Europea 2 miliardi di euro per frenare i flussi migratori verso l’Europa, attraverso la Grecia.

Con quali strumenti il regime di Ankara cerchi di bloccare le partenze è facile immaginarlo, ma a volte la sorveglianza non sempre è riesce a frenare la volontà di cercare nuove opportunità per sé e per i propri cari.

Ci sono precise responsabilità dei Paesi dell’Unione senza una politica unitaria sul fenomeno migratorio.

La strage di migranti a Cutro è figlia dell’indifferenza.

A poco servono i blocchi delle partenze se non si eliminano le cause che spingono molte persone a lasciare la propria casa.

Da qui il richiamo del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché l’Europa faccia di più, sollecitando «un forte impegno della comunità internazionale – ha dichiarato – per rimuovere le cause alla base dei flussi di migranti; guerre, persecuzioni, terrorismo, povertà, territori resi inospitali dal cambiamento climatico».

«È altrettanto indispensabile – ha aggiunto – che l’Ue assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio, per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie».

Proprio qui sta il vulnus: il governo di un fenomeno che nel mondo movimenta milioni di persone, costrette a lasciare case e affetti per provare migliori condizioni di vita. 

Anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha sottolineato come «questa ennesima tragedia, nella sua drammaticità, ricorda che la questione dei migranti e dei rifugiati va affrontata con responsabilità e umanità».

«Non possiamo ripetere – ha evidenziato il cardinale – parole che abbiamo sprecato in eventi tragici simili a questo, che hanno reso il Mediterraneo in venti anni un grande cimitero». «Occorrono scelte e politiche, nazionali ed europee, con una determinazione nuova e con la consapevolezza che non farle permette il ripetersi di situazioni analoghe», precisa il presidente della Cei.

«L’orologio della storia non può essere portato indietro – ha ricordato – e segna l’ora di una presa di coscienza europea e internazionale. Che sia una nuova operazione “Mare Nostrum” o “Sophia” o “Irini”, ciò che conta è che sia una risposta strutturale, condivisa e solidale tra le Istituzioni e i Paesi».

«Perché nessuno sia lasciato solo – ha concluso il cardinale – e l’Europa sia all’altezza delle tradizioni di difesa della persona e di accoglienza».

La strage di migranti a Cutro.

Roberto Comparetti

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