Il nuovo anno si è aperto con i conflitti che non sembrano voler cessare
L’alba di speranza: pace sia nel mondo.
Quello che è appena iniziato è un anno che porta con sé la pesante eredità del 2023, in un contesto nazionale e internazionale tutt’altro che sereno, segnato da conflitti devastanti, come quelli in Est Europa o in Medio Oriente.
Su quest’ultimo, nei giorni scorsi, è intervenuto il patriarca latino di Gerusalemme, cardinal Pierbattista Pizzaballa.
«Ho notato – ha detto – che soprattutto nel mondo occidentale la società si è divisa tra chi è a favore di Israele e contro la Palestina, e viceversa. Non abbiamo bisogno che voi facciate questo, schierarsi pro o contro Israele o Palestina lo facciamo noi qui. Abbiamo bisogno invece che ci aiutiate a usare un linguaggio diverso, ci aiutate a uscire da questa follia nella quale ci troviamo in questo momento. Dovete essere diversi rispetto a noi».
Per il patriarca è urgente «far arrivare aiuti umanitari attraverso gemellaggi, iniziative proposte dalla Caritas e varie organizzazioni umanitarie. In questo momento – ha detto – è importante sostenere in maniera molto concreta la situazione non solo a Gaza, ma anche in West Bank a Betlemme, Gerico e Territori palestinesi, dove la situazione è drammatica».
Sul tema della guerra non c’è giorno nel quale papa Francesco non chieda il cessate il fuoco e un’inversione di tendenza rispetto all’economia di guerra, alimentata dal commercio delle armi.
«Per dire “No” alla guerra – ha detto nel Messaggio “Urbi ed Orbi” del 25 dicembre – bisogna dire “No” alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?»
«Oggi – ha evidenziato il Santo Padre – come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti!»
«La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo!»
«Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre».
Una denuncia forte, che è risuonata in tutto il mondo, rimasta però fuori dalle cancellerie dei Paesi che producono e vendono armi a chi non ha i soldi per sfamare la propria gente ma usa il denaro per fare la guerra.
È uno degli effetti dell’economia che uccide, come la definisce il Papa, e della quale anche la Facoltà teologica della Sardegna sta, meritatamente, parlando in periodici convegni con economisti, scrittori e giornalisti.
C’è bisogno di parlarne, di andare oltre le logiche delle aderenze, che salvaguardano interessi e rapporti, ma rendono complici dei genocidi in corso in troppe parti del mondo.
L’anno che si appena aperto è anche quello che ci accompagnerà al Giubileo, nel solco del Cammino sinodale della Chiesa italiana.
Il Giubileo rappresenta l’anno della remissione dei peccati, della riconciliazione, della conversione e della penitenza sacramentale.
Un tempo di riflessione e di cambiamento.
Su questa alba di speranza vogliamo augurare a tutti: Buon Anno!
Roberto Comparetti
L’alba di speranza: pace sia nel mondo.
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